12. Ufficio dei Vicariati, Vicariato di Capugnano, mazzo 1, reg. del 1378, c. 44r

Agli ultimi anni del Trecento risalgono alcuni disegni fermati su una carta di un registro comunale, che costituiscono una sintesi delle citazioni infernali di Bologna, mediante una serie di “schizzi”, uno dei quali coglie appieno la celebre palinodia che della Torre Garisenda il poeta disegna nella Commedia (Inferno, XXXI, 136-141). Quella torre, che nel sonetto del 1287 era emblema di Bononia, meta benigna e salvifica, compare all’improvviso nel fondo dell’Inferno a rappresentare Babilonia, città pericolosa e mortifera (v. la precedente scheda 2).

La presenza incombente del gigante Anteo, compagno di Nembrotto nel pozzo dei giganti che circonda il Cocito, conferisce all’immagine un tono di terrore. Grazie a una fortunata interpretazione agostiniana, Nimrod (Nembrotto per Dante) veniva considerato l’artefice della torre di Babele e quindi della confusione delle lingue umane; la corporeità gigantesca e malvagia dei due giganti appariva agli occhi di Dante (e quindi dei suoi lettori) incarnarsi ora nella Garisenda, artificio mirabile e minaccioso, che insieme con la Torre degli Asinelli costituiva, allora come oggi, lo skyline più familiare e conosciuto della città dello Studium.

Della stessa mostra


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