La fortuna di Dante e i suoi primi cultori nei documenti dell’Archivio di Stato di Bologna
25 - 29 Ottobre 2021
Mostra documentaria a cura di Armando Antonelli, Massimo Giansante, Giorgio Marcon
Nel 2015 l’Archivio di Stato di Bologna allestì una mostra in occasione dei 750 anni dalla nascita di Dante. Il catalogo fu pubblicato nel 2018, col titolo Il gioioso ritornare, nella collana “I quaderni del Chiostro”.
Di quella mostra riproponiamo oggi, introdotta dalla deliziosa miniatura del Vascello di Merlino, la sezione relativa a “La fortuna di Dante”, una piccola scelta, tratta da un corpus ben più cospicuo di scritture estravaganti conservate dal nostro istituto: trascrizioni di rime dantesche e di luoghi della Commedia fermati dai notai bolognesi su supporti documentari diversi, come i libri Memoriali o le coperte di registri di atti giudiziari.
Tra queste scritture allotrie, spiccano, per antichità, la più antica attestazione di una lirica dell’Alighieri e le più antiche testimonianze dell’Inferno e del Purgatorio. Nel primo caso si tratta del celebre sonetto della Garisenda composto dal giovane fiorentino a Bologna poco prima del 1287. Il testo, fissato sul proprio Memoriale dal notaio Enrichetto delle Querce, fotografa il più tipico degli skyline bolognesi, restituendoci l’immagine riflessa delle due torri petroniane, emblema della città dello Studium, costantemente associato, a partire dagli ultimi decenni del Trecento, al santo patrono Petronio, come si può osservare nella miniatura di Jacopo di Paolo.
La precoce e vivacissima fortuna della Commedia in città è poi ben testimoniata dai documenti qui esposti: a partire dalla celebre terzina di Caronte, vergata sul registro di Accusationes del 1317, per finire con un singolare bozzetto, risalente agli anni Settanta del Trecento, che riassume gli episodi bolognesi più significativi dell’Inferno.
Il percorso è delineato da alcuni frammenti di codici trecenteschi in pergamena, che in un momento della loro esistenza, fra il XVI e il XVII secolo, furono selezionati per lo scarto e venduti a cartolai bolognesi che, nelle loro botteghe, li riutilizzarono per rivestire registri cartacei. Grazie a tale riuso sono stati recuperati importanti frammenti, qui esposti, della Commedia, del più antico commento in volgare del poema dantesco, opera negli anni Venti del Trecento di Jacopo della Lana, e della coeva Acerba Aetas di Cecco d’Ascoli, che compose il suo poema a Bologna ispirandosi in forma antagonistica alla Commedia.
Il ruolo particolare di Bologna, nel promuovere fin dai primissimi tempi la fortuna dell’opera di Dante, è testimoniato, ancora in vita il poeta, dalla precoce circolazione delle sue opere, di cui è prova il furto di un manoscritto della Vita nuova, avvenuto nel 1306. Un aggraziato disegno del notaio Uguccione Bambaglioli, infine, a due anni dalla morte di Dante (1323), allestiva nel margine di un Memoriale la sua immaginaria incoronazione a Bologna, dando forma in qualche modo al progetto incompiuto di Giovanni del Virgilio, di cui leggiamo nelle Egloghe.