1. Frammenti manoscritti, busta II, 7, proveniente da: Foro dei Mercanti, Atti, 1612, not. Antonio Landi

Frammento de Les Prophecies de Merlin, sec. XIV

Questo bifolio, appartenente in origine ad un manoscritto del XIV secolo, era stato impiegato come copertina di un registro di atti giudiziari del 1612; riconosciuto pochi anni fa da Armando Antonelli nel suo contenuto letterario, è stato staccato, restaurato ed è attualmente oggetto di studio. La scelta di affidargli la prima stazione del nostro breve percorso espositivo deriva da una suggestione cui era difficile resistere, pur nella innegabile labilità dei suoi supporti documentari. Nel sonetto dedicato a Guido Cavalcanti Guido, i’ vorrei, Dante raffigura in modo incomparabile un concetto fondamentale della lirica cortese e poi stilnovista: l’inscindibilità del nesso amicizia-amore, per cui il valore salvifico e nobilitante dell’esperienza amorosa può esprimersi pienamente solo in un contesto di condivisione amicale. In quella scena, in particolare, i tre amici poeti sono trasportati a «ragionar d’amore» in un vascello magico condotto da un «buono incantatore», cioè Merlino. L’ispirazione della scena proveniva a Dante, con tutta probabilità, da un passo della Leggenda di Tristano o delle Profezie di Merlino, manoscritti spesso illustrati nel XIII-XIV secolo da miniature simili a quella qui esposta, in cui in effetti si distingue chiaramente, dietro i tre viaggiatori, il cappello di Merlino, nocchiero del vascello incantato.

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io

fossimo presi per incantamento,

e messi in un vasel ch’ad ogni vento

per mare andasse al voler vostro e mio,

sì che fortuna od altro tempo rio

non ci potesse dare impedimento,

anzi, vivendo sempre in un talento,

di stare insieme crescesse ‘l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi

con quella ch’è sul numer delle trenta

con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,

e ciascuna di lor fosse contenta,

sì come i’ credo che saremmo noi.

(Rime, 9, LI)

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