Sezione 3 | “PER LA DIFESA DELLA RAZZA NELLA SCUOLA FASCISTA”

Vetrina 1 | Fuori gli ebrei dalla scuola

Come annunciava «L’Avvenire d’Italia» nella prima pagina dell’11 novembre 1938 (1), il Consiglio dei ministri aveva appena deciso di coordinare in un testo unico le norme già in vigore per «la difesa della razza nella scuola fascista», integrandole con nuove disposizioni. Nel settore dell’istruzione la politica antisemita del regime assunse caratteri di estrema durezza e per le scuole di ogni ordine e grado, sia pubbliche che private, come per le università, si adottò la misura più drastica: l’allontanamento dalle scuole frequentate da alunni di razza italiana di tutti gli ebrei, che fossero docenti, allievi, o dipendenti – amministrativi o ausiliari – di qualunque livello. Furono vietati i libri di testo, e perfino le carte geografiche murali, di autori ebrei: divieto esteso ai libri frutto della collaborazione di più autori, di cui anche uno soltanto ebreo.

Se si considera che gli studiosi di razza ebraica furono espulsi anche dalle accademie e dagli istituti e dalle associazioni culturali di ogni tipo, appare palese il tentativo di immiserire culturalmente la popolazione ebraica. Era infatti mal tollerato dal regime l’indiscusso prestigio della classe intellettuale ebrea, ritenuta un impedimento e un pericolo reale sulla strada di un controllo sociale sempre più rigido: gli ebrei possedevano mediamente un grado di istruzione piuttosto elevato che garantiva loro, a discapito dei giovani italiani, l’accesso a professioni socialmente prestigiose e all’insegnamento e quest’ultimo – soprattutto – li metteva in condizione di esercitare una “cattiva” influenza sugli studenti e sulla loro formazione fascista.

Secondo la logica del progetto antisemita occorreva dunque una sorta di epurazione, che prese concretamente avvio col censimento dei dipendenti di razza ebraica, effettuato in tutti gli istituti scolastici nel mese di agosto del 1938. A questo scopo il Ministero dell’educazione nazionale predispose apposite schede (2), che tutto il «personale di ruolo e non di ruolo, insegnante e non insegnante, comunque in servizio» doveva, sotto la propria responsabilità, compilare e sottoscrivere (3). Le schede così riempite dovevano poi essere restituite al Ministero insieme a un prospetto riassuntivo (4), in cui andavano riportati il numero e le generalità dei dipendenti ebrei «per parte di padre», le generalità del personale «di cui solo la madre sia di razza ebraica» e infine le generalità dei dipendenti il cui «coniuge sia di razza ebraica» (5).

1. «L’Avvenire d’Italia», 11 novembre 1938, Questura di Bologna, Ufficio ebrei
2. Circolare del Ministero dell’educazione nazionale, 17 agosto 1938, Provveditorato agli studi di Bologna
3. Scheda personale per il censimento del personale scolastico di razza ebraica, Provveditorato agli studi di Bologna
4. Il provveditore agli studi al Ministero dell’educazione nazionale, 27 settembre 1938, Provveditorato agli studi di Bologna
5. Prospetto riassuntivo del censimento del personale scolastico di razza ebraica, Provveditorato agli studi di Bologna

Vetrina 2 | I ragazzi ebrei vanno a scuola

A partire dall’anno scolastico 1938-1939 dunque i docenti ebrei furono “dispensati” dal servizio e gli alunni di razza ebraica si videro costretti ad abbandonare la scuola. Per garantire comunque ai bambini ebrei l’istruzione obbligatoria, prevista all’epoca fino alla licenza elementare, furono istituite a spese dello Stato «speciali sezioni di scuola elementare», che dovevano funzionare in locali «del tutto separati da quelli destinati ai fanciulli di razza italiana» (6). Nelle sezioni il personale doveva essere rigorosamente appartenente alla razza ebraica e dovevano essere adottati esclusivamente libri di testo di autori ebrei.

A Bologna furono istituite in via Pietralata, come sezione distaccata della scuola “Elisabetta Sirani”, due pluriclassi, in cui insegnavano Giorgio Formiggini e Iris Volli Pardo, due dei quattro maestri ebrei rimossi dalle scuole pubbliche. Dopo un paio d’anni, a causa della diminuzione del numero degli allievi, le classi furono ridotte a una soltanto e la “scuoletta speciale elementare ebraica”, come era comunemente detta, fu trasferita in una sede più piccola, in quella che allora si chiamava via delle Due torri, in cui continuò a insegnare la sola maestra Pardo, assistita da una bidella.

La scuoletta ebraica fu frequentata in totale da una trentina di bambini, fra cui anche Roberto Weisz, figlio di quell’Arpad che, nel 1936 e nel 1937, portò la squadra di calcio della città a vincere due scudetti: Arpad, Roberto e tutta la loro famiglia furono poi deportati ad Auschwitz, da dove non fecero mai più ritorno.

Per l’istruzione di livello superiore a quella elementare la Comunità ebraica organizzò invece autonomamente, presso la sua sede al n. 19 di via Gombruti (7), la scuola media e media superiore, i cui oneri finanziari furono interamente sostenuti dalle famiglie degli allievi e dalla Comunità stessa. Ottenuta, come previsto dalla normativa, l’autorizzazione del provveditore agli studi, il 21 novembre 1938 poterono iniziare «i corsi di istruzione media per alunni ebrei al fine di fare impartire a questi l’insegnamento corrispondente ai programmi governativi delle scuole medie seguenti: Ginnasio inferiore e superiore (classi I-V), Istituto tecnico e magistrale inferiore, e, possibilmente, Scuola d’avviamento commerciale» (8).

6. Circolare del Ministero dell’educazione nazionale, 16 settembre 1938, Provveditorato agli studi di Bologna
7. Pianta dei locali adibiti a scuola ebraica presso la Comunità israelitica di Bologna, Provveditorato agli studi di Bologna
8. Il presidente della Comunità israelitica al provveditore agli studi, 21 novembre 1938, Provveditorato agli studi di Bologna

Vetrina 3 | Una nuova scuola in via Gombruti

Al momento della sua apertura, nel novembre del 1938, la “Scuola media israelitica” di via Gombruti contava 36 alunni, suddivisi in cinque classi (9). Perché la loro formazione scolastica fosse giuridicamente valida, gli allievi, da privatisti, dovevano sostenere anno per anno gli esami di ammissione alla classe superiore presso una scuola statale, spesso la stessa da cui erano stati espulsi. Durante lo svolgimento delle prove erano tenuti rigorosamente separati dai candidati di razza italiana e sul tabellone dei risultati finali spiccava accanto al loro nome la dicitura «alunno di razza ebraica».

I docenti erano dieci, ovviamente tutti ebrei e tutti provenienti dall’esperienza della rimozione dalle scuole statali (10). Così pure il preside, il prof. Ferruccio Pardo, marito della maestra elementare Iris Volli, il quale, fino alla legislazione razziale, era stato preside dell’Istituto magistrale di Reggio Emilia.

I programmi d’insegnamento ricalcavano fedelmente quelli governativi per le scuole statali. Mancava naturalmente l’insegnamento della Cultura militare, visto che, per legge, gli ebrei erano esclusi dalle Forze armate; le lezioni di Religione cattolica erano invece sostituite «da qualche lezione di Religione israelitica» (11).

Era obbligo della scuola informare regolarmente il Ministero dell’educazione nazionale, tramite l’Ente nazionale per l’insegnamento medio e superiore, su tutti gli aspetti della propria attività, logistici, didattici, disciplinari, finanziari. Per questo motivo, al termine di ogni anno scolastico, il preside era tenuto ad inviare una relazione, in cui dovevano essere illustrati, oltre alla situazione logistica e finanziaria, il funzionamento della scuola nell’anno che si era concluso, i risultati conseguiti dagli studenti e, fra l’altro, i rapporti con la Gioventù italiana del Littorio (GIL), rapporti limitati peraltro, come imposto dalla legge, all’insegnamento dell’Educazione fisica (12).

Dopo la caduta di Mussolini, con l’occupazione militare tedesca, la persecuzione antisemita si fece sempre più radicale, indiscriminata e violenta. Ne subirono le conseguenze anche le scuole ebraiche, colpite da un «decreto collettivo di chiusura delle scuole e corsi gestiti dalle Comunità israelitiche… In ottemperanza di quanto sopra si intende dichiarata chiusa a fare data dal 1° dicembre 1943 la scuola media per israeliti – via Gombruti, 19» (13).

9. Elenco degli alunni iscritti alla Scuola media ebraica, 21 novembre 1938, Provveditorato agli studi di Bologna
10. Elenco del preside e dei docenti della Scuola media ebraica, 21 novembre 1938, Provveditorato agli studi di Bologna
11. Programmi dei corsi della Scuola media ebraica di Bologna, Provveditorato agli studi di Bologna
12. Relazione finale per l’anno scolastico 1940-1941, 23 novembre 1941, Provveditorato agli studi di Bologna
13. L’Ente nazionale per l’insegnamento medio e superiore al provveditore agli studi di Bologna, Provveditorato agli studi di Bologna

Vetrina 4 | La sanità della razza

In occasione del Natale di Roma del 1940, Mussolini affidò al Ministero dell’educazione nazionale il progetto di una grande “Mostra della razza”, con l’obiettivo di documentare la politica del regime nel settore educativo e scolastico, ritenuto nevralgico, e in particolare le iniziative per la difesa della razza in campo didattico: una delle tante manovre propagandistiche, con le quali si cercava di costruire l’immagine di una politica razziale non persecutoria, ma resa necessaria dall’esigenza sociale di salvaguardare la “sanità” della razza italiana.

A causa del precipitare degli avvenimenti e dell’imminente ingresso in guerra dell’Italia, la mostra in realtà non fu mai allestita, e tuttavia, quando il progetto fu abbandonato, lo stato dei lavori era già piuttosto avanzato. Il Ministero aveva infatti diramato nel mese di febbraio una circolare, con cui si invitavano le scuole statali – materne, elementari e medie – a proporre la propria partecipazione alla futura esposizione, segnalando materiali idonei a dimostrare lo «sviluppo della tecnica didattica, dell’edilizia e dell’arredamento scolastico; … assistenza igienica, sanitaria; … sussidi didattici per la formazione della coscienza razzista; … iniziative per la formazione della coscienza razziale; aspetti del lavoro produttivo come contributo alla sanità della razza» (14).

Diverse scuole della provincia di Bologna risposero negativamente, ritenendo di non possedere materiali interessanti, ma numerose altre aderirono. Tra queste il Corso biennale di avviamento professionale di San Giorgio di Piano, la cui dirigente annunciava, con malcelato orgoglio, di aver avviato una schedatura degli allievi dal punto di vista sanitario e razziale: «Ho iniziato già da qualche tempo la compilazione di schede individuali … In esse segno tutti i dati di mano in mano che mi vengono forniti dalle famiglie degli allievi del corso. Intendo chiedere informazioni più esatte all’Ufficiale sanitario del Comune. Questo esperimento ha carattere estremamente riservato e non so se possa presentare qualche interesse per la mostra della Razza» (15).

La Direzione didattica di Imola, oltre a fotografie varie relative all’edilizia e all’arredamento di alcune scuole, propose invece «Quaderni attestanti il lavoro fatto … per la formazione della coscienza fascista e della razza (Norme e cure igieniche per ottenere uno sviluppo sempre migliore del nostro corpo – quaderno della salute – … – quaderno dell’autarchia e della razza)» (16).

14. Circolare del Ministero dell’educazione nazionale, 19 febbraio 1940, Provveditorato agli studi di Bologna
15. Il dirigente del Corso biennale di avviamento professionale – Tipo commerciale di San Giorgio di Piano al provveditore agli studi, 23 febbraio 1940, Provveditorato agli studi di Bologna
16. La Direzione didattica di Imola al provveditore agli studi, 26 febbraio 1940, Provveditorato agli studi di Bologna