Sezione 5 | Il ricordo dei caduti come culto della nazione

Vetrina 26 | Un monumento di carta: l’archivio dell’Ufficio per notizie alle famiglie dei soldati di terra e di mare

Il 27 maggio 1915, appena quattro giorni dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Impero austro-ungarico, la contessa Lina Bianconcini Cavazza (1861-1942) partecipò insieme al prefetto di Bologna Vincenzo Quaranta alla costituzione dell’Ufficio per notizie alle famiglie dei soldati di terra e di mare.
A muovere la nobildonna bolognese era stato il desiderio di «rendersi utile al paese e di concorrere, in momenti di trepida ansia, a tenere sollevati gli animi dei soldati e delle loro famiglie» (1).

L’Ufficio era sorto già alcuni mesi prima dell’ingresso del Paese nel conflitto mondiale su iniziativa del Comitato bolognese di preparazione civile per il caso di guerra, un’associazione privata con ramificazioni sull’intero territorio nazionale, e aveva ricevuto il consenso delle autorità governative e militari. All’Ufficio era stata data un’articolazione particolarmente capillare: due uffici centrali (uno a Bologna per i militari di terra, uno a Roma per i militari di mare) da cui dipendevano diverse sezioni dislocate nelle città sede di corpi d’armata, e numerose sottosezioni nei centri sede di distretti militari (2).

L’Ufficio notizie, che si giovava della collaborazione diretta di centinaia di volontari e dell’apporto di innumerevoli individui residenti nei territori più impervi (parroci, cappellani, maestri e medici), aveva lo scopo di «facilitare e accelerare il recapito alle famiglie delle notizie riguardanti i militari impegnati in guerra, di attenuare l’impressione dolorosa delle inevitabili perdite o disgrazie, dando l’annuncio in forma il più possibile confortante e pietosa» (3).

Si trattava dunque di un’iniziativa filantropica che avrebbe tuttavia giovato anche al buon funzionamento della macchina bellica, sgravando l’autorità militare dall’onere di ricevere ed evadere le migliaia di domande sulla sorte dei soldati impegnati al fronte: sarebbero state difatti le sezioni e le sottosezioni, attraverso i rapporti con i comandi, i distretti, gli ospedali e la Croce rossa, a raccogliere e smistare le notizie sui caduti.

1. Lina Cavazza al prefetto di Bologna, 27 maggio 1915, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
2. Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare, Elenco delle sezioni e sotto-sezioni con indicazione delle rispettive presidenze, Bologna, Tipografia di Paolo Neri, 1915, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
3. Regolamento generale dell’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra di mare, [1915], in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto

Vetrina 27 | Un monumento di carta: l’archivio dell’Ufficio per notizie alle famiglie dei soldati di terra e di mare

A sostenere materialmente l’ingente attività dell’Ufficio notizie, riconosciuto come il solo ed esclusivo «tramite fra il Paese e l’Esercito», furono inizialmente solo private elargizioni, alle quali si affiancarono progressivamente i sussidi disposti dai ministeri dell’Interno e della Real casa.

Sul finire poi del 1915 il Ministero della guerra, per facilitare il lavoro dell’Ufficio, dispose che alcuni ufficiali richiamati dal congedo fossero assegnati alle intendenze delle Armate con lo scopo specifico di coadiuvare le dame visitatrici, i medici e i cappellani nella raccolta delle notizie.

Il 24 ottobre di quello stesso anno il prefetto di Bologna decretò infine il riconoscimento della personalità giuridica dell’Ufficio approvandone il regolamento (1-2).

Tutta la corrispondenza tra le varie articolazioni dell’Ufficio, nonché quella tra l’Ufficio e le famiglie, per godere della franchigia postale, doveva svolgersi su cartoline tipo (3), mentre le notizie raccolte dagli uffici centrali, dalle sezioni e dalle sottosezioni erano trascritte in schede, una per ciascun militare, tenute in ordine alfabetico (4).

Nel 1919 la contessa Cavazza dispose che la documentazione prodotta dai due uffici centrali fosse concentrata nella capitale. Così dal Palazzo delle poste, dove era ancora conservato alla fine del conflitto, l’archivio dell’Ufficio centrale di Bologna per i militari di terra (che aveva esercitato, di fatto, le funzioni di direzione e coordinamento dell’intera organizzazione) fu trasferito a Roma per essere affiancato all’archivio dell’Ufficio centrale per i militari di mare. Prima del trasloco fu in ogni modo approntata una copia integrale dello schedario che nel 1923 fu depositato all’Archivio di Stato di Bologna: il complesso è oggi costituito da circa 500.000 schede nominative contenute in 157 cassette di legno, e rappresenta un vero e proprio monumento di carta alla memoria dei caduti della Grande guerra.

1. Decreto del prefetto di Bologna di riconoscimento giuridico dell’Ufficio notizie, 24 ottobre 1915, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
2. Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare, Regolamento, Bologna, Tipografia di Paolo Neri, 1915, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
3. L’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare al prefetto, 5 dicembre 1915, 24 marzo 1916, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
4. Scheda di militare, in ASBO, Ufficio per le notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare

Vetrina 28 | Ricordi di pietra: il monumento alla vittoria in piazza del Nettuno e il lapidario di Santo Stefano (1918-1925)

L’armistizio di Villa Giusti tra l’Italia e l’Austria-Ungheria era stato da poco sottoscritto che già il Governo italiano aveva intrapreso un’intensa attività indirizzata a suscitare e a diffondere nel Paese la memoria dei caduti del grande conflitto mondiale, mirando a farne uno degli elementi costitutivi del culto della nazione e della religione della patria. Il 21 novembre 1918 il prefetto di Bologna Vincenzo Quaranta sollecitò i sindaci dei comuni della provincia a farsi «iniziatori di tali degne onoranze che dovrebbero concentrarsi in uno stabile ricordo innalzato sulla Casa Comunale» (1).

A raccogliere in modo particolare l’invito delle autorità governative fu a Bologna la Fratellanza militare italiana, una società di mutuo soccorso fondata il 23 giugno 1900, che si fece «promotrice per erigere in Bologna un ricordo perpetuo a memoria ed onore dei nostri caduti in guerra» (2).

Il comitato generale e la commissione esecutiva appositamente costituiti per l’erezione del ricordo marmoreo individuarono quale luogo ideale la piazza prospiciente la Basilica di Santo Stefano e chiesero al prefetto di caldeggiare presso l’Amministrazione comunale la richiesta di concessione dell’area (3).

I fautori del monumento dovettero tuttavia fronteggiare tali difficoltà tecniche ed economiche da indurli ad abbandonare il primo proposito e a orientarsi verso la realizzazione di un ricordo da collocare sulla parete laterale del Palazzo comunale, fra le ultime due finestre, di fronte la piazza del Nettuno.

Il bando di concorso richiedeva agli artisti di inserire nell’opera tre elementi fondamentali: la targa con il bollettino della vittoria, la dedica e la figura del fante.

Tra i progetti presentati spicca quello “a pluteo” verosimilmente elaborato dall’architetto bolognese Edoardo Collamarini: nel disegno (siglato «EC») il bollettino è inquadrato entro quattro colonne coronate da capitelli ionici sormontati da aquile. Sopra la lapide è posto un bassorilievo di forma tonda raffigurante un fante coronato dalle allegorie della Vittoria e dalla Patria. Otto cartigli ingentiliti da festoni riportano i nomi delle principali battaglie combattute sul fronte orientale (4).

La giuria chiamata nel 1922 a valutare i progetti non riconobbe tuttavia nessuno di essi meritevole di essere realizzato e dell’opera ipotizzata non fu infine realizzata che la sola lastra marmorea recante il bollettino della vittoria, ancora oggi murata accanto all’ingresso della Biblioteca comunale della Sala Borsa.

1. Il prefetto ai sindaci della provincia di Bologna, 21 novembre 1918, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
2. Il presidente della Fratellanza militare italiana al prefetto, 9 giugno 1920, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
3. Il prefetto al sindaco di Bologna, 27 agosto 1920, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
4. Progetto di Edoardo Collamarini per il monumento ai caduti in guerra, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto

Vetrina 29 | Ricordi di pietra: il monumento alla vittoria in piazza del Nettuno e il lapidario di Santo Stefano (1918-1925)

Sorte differente e certamente più fortunata ebbe un secondo progetto commemorativo, promosso dalla Sezione bolognese dell’Associazione nazionale fra le madri e vedove dei caduti, presieduta dalla contessa Laura Acquaderni Zavagli (scomparsa nel 1956).

Il sodalizio, nato nell’aprile del 1919, aveva stabilito di «raccogliere nel più vetusto e glorioso monumento della Città i nomi dei Valorosi che si immolarono per la salvezza e pel trionfo della Patria in armi». Il sito fu individuato nel chiostro romanico della Basilica di Santo Stefano, che fu dapprima sottoposto a imponenti lavori di restauro e di rifacimento progettati dal soprintendente ai monumenti Luigi Corsini.

La prima pietra del lapidario fu posta il 5 giugno 1921 (1) e i lavori proseguirono per i quattro anni successivi grazie ai contributi elargiti da eminenti privati cittadini, dalle più importanti istituzioni bolognesi e dai ministeri della Pubblica istruzione, di Grazia e giustizia e della Real casa.

Ciascuna delle quattro pareti del chiostro fu destinata a ricevere i nomi dei caduti di altrettanti anni di guerra. I morti furono poi distinti in base alla zona di combattimento, e a ciascuna località fu dedicata una lapide. In tal modo si intese offrire «un quadro sintetico della guerra che ricostruisce fatti ed episodi eroici memorabili». Sulle 64 lapidi furono così incisi i nomi di 2.536 caduti tra il 1915 e il 1918 appartenenti al Comune di Bologna, cui si aggiunsero i 247 morti tra il 1919 e il 1920 in conseguenza della guerra (2). Fondamentale per l’individuazione dei cittadini bolognesi morti in combattimento, per malattia o in prigionia fu la collaborazione dell’Ufficio per notizie alle famiglie dei soldati di terra e di mare, che fornì copia delle schede nominative conservate nel suo archivio.

Il lapidario fu inaugurato il 12 giugno 1925 durante una solenne cerimonia alla quale prese parte il «primo soldato d’Italia», il re Vittorio Emanuele III, in visita a Bologna in occasione del 25° anniversario della sua ascesa al trono. Il sovrano, giunto in città quella stessa mattina con un treno speciale proveniente da Roma, si recò al lapidario alle 8,45 per poi proseguire la sua intensa giornata bolognese, recandosi tra l’altro al nuovo stadio comunale per la posa della prima pietra (3).

1. La presidente dell’Associazione nazionale fra le madri e vedove dei caduti al prefetto, 28 maggio 1921, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
2. Il lapidario dei caduti bolognesi nel chiostro romanico della basilica di S. Stefano in Bologna, Bologna, Società tipografica Mareggiani, 1926, in ASBO, Biblioteca
3. Ordine di servizio della Questura per la gestione dell’ordine pubblico in occasione della visita del re a Bologna, 10 giugno 1925, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto

Vetrina 30 | Ricordi di pietra: il monumento alla vittoria in piazza del Nettuno e il lapidario di Santo Stefano (1918-1925)

Durante la Prima guerra mondiale la propaganda patriottica si rivelò una vera e propria esigenza per controllare e migliorare il morale dei soldati e della popolazione civile nonché uno strumento per contrastare il malcontento e ostacolare la contro-propaganda pacifista.

Terminato il conflitto si continuò comunque ad alimentare il sentimento patriottico: il culto della nazione si concretizzò nella realizzazione, in tutta Italia, di lapidi commemorative e monumenti, spesso eretti su diretta sollecitazione del governo nazionale o delle prefetture locali. In provincia di Bologna nacquero così vari comitati per il reperimento del materiale e dei contributi economici necessari, spesso elargiti dai privati cittadini.

Quasi contemporaneamente sorsero varie iniziative finalizzate a censire le opere commemorative già esistenti, da inserire in apposite pubblicazioni. Uno dei primi esempi fu il Libro d’Oro del Valore Italiano (1-2), che avrebbe dovuto contare 300 quaderni. In tale occasione i comuni della provincia bolognese furono invitati a comunicare alla Prefettura l’eventuale erezione di «monumenti, targhe e simili in memoria dei caduti di guerra». Ad alcune lettere di risposta furono allegati elenchi e fotografie (3-4). Molto più raro è invece trovare il progetto grafico o i disegni dell’epoca, come accade con l’obelisco eretto nel 1927 a Grizzana Morandi, in località Monteacuto Ragazza (5).

Talvolta, al momento di scegliere la collocazione dei ricordi marmorei, si verificarono dispute tra fazioni della stessa comunità. È il caso di Castello d’Argile e della frazione del comune di Lizzano in Belvedere, Monteacuto delle Alpi, dove entrarono in gioco motivi politici o antiche ostilità per nulla attinenti al tema della commemorazione e al sentimento patriottico.

Il Libro d’Oro non ebbe seguito; altre iniziative andarono invece a buon fine, tra cui quella edita col titolo I Monumenti della riconoscenza eretti dagli italiani ai caduti per la patria nella Grande Guerra 1914-1918 che raccoglie tra le altre le riproduzioni fotografiche delle opere realizzate in alcuni centri bolognesi.

1. Il direttore del Libro d’oro del valore italiano al prefetto, 9 dicembre 1922, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
2. Piano del Libro d’oro del valore italiano, [1922], in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
3-4. Ricordo funebre dei caduti di Massumatico (San Pietro in Casale), 1921, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
5. Prospetto del monumento ai caduti di Monte Acuto Ragazza (Grizzana Morandi), [1923], in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto

Vetrina 31 | Il viaggio del milite ignoto nel terzo anniversario della vittoria (1921)

Fin dall’agosto 1920, su ispirazione del colonnello Giulio Douhet, da molte parti era stata avanzata l’idea che anche in Italia, sul modello di quanto era già stato fatto in Francia, si onorassero le salme dei soldati caduti nella Grande guerra che non erano state identificate, attraverso l’erezione di un monumento al milite ignoto.

Una specifica legge «sulla sepoltura del soldato ignoto», approvata il 4 agosto 1921, individuò il luogo dell’inumazione nella capitale all’interno del Vittoriano e, al fine di dare attuazione al progetto che sarebbe coinciso con le solenni celebrazioni per il terzo anniversario della vittoria, fu costituito il Comitato esecutivo per le onoranze al soldato ignoto.

Dopo quasi tre mesi di ricerche tra le sepolture dei fronti più avanzati del conflitto al confine con l’Austria furono selezionate undici salme, tra le quali la triestina Maria Maddalena Bergamas (1867-1953), madre di un soldato disperso, scelse quella che sarebbe stata trasferita «nella gloria di Roma» (1).

Il Comitato esecutivo dispose inoltre che si costituissero sottocomitati in tutti i comuni della penisola: il loro scopo era quello di rendere omaggio al passaggio e alla sosta della salma nelle varie località poste sul tragitto del convoglio ferroviario e di organizzare una cerimonia da svolgere contemporaneamente alla sepoltura del corpo nell’Altare della patria il 4 novembre (2).

Si stabilì inoltre l’emissione di una cartolina commemorativa del costo di 1 lira: una parte, da conservare come ricordo, recava un’illustrazione con l’allegoria della Patria che insieme a figure femminili rendeva omaggio alla salma di un soldato caduto, con sullo sfondo il complesso del Vittoriano a Roma, mentre una seconda parte, da staccare e compilare, poteva essere spedita in franchigia al Comitato per le onoranze. Il ricavato sarebbe stato devoluto a beneficio degli orfani di guerra (3).

Lo storico viaggio del milite ignoto ebbe inizio da Aquileia il 29 ottobre 1921 a bordo di un treno speciale che giunse a Bologna alle 18,30 del giorno successivo. Qui sostò l’intera notte, ricevendo l’omaggio silenzioso della popolazione, e ripartì il 31 ottobre alle 6,25 (4).

1. La presidenza del Comitato d’onore per le onoranze al soldato ignoto agli italiani, 30 settembre 1921, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
2. Circolare del Comitato esecutivo per le onoranze al soldato ignoto per la costituzione dei sottocomitati comunali, 30 settembre 1921, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
3. Cartolina commemorativa a beneficio degli orfani di guerra, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
4. Il treno speciale con la salma del milite ignoto a Porretta, in MUSEO CENTRALE DEL RISORGIMENTO ITALIANO, Onoranze al milite ignoto. Viaggio della salma

Vetrina 32 | Il viaggio del milite ignoto nel terzo anniversario della vittoria (1921)

Dopo aver valicato l’Appennino e aver fatto tappa nei capoluoghi toscani e umbri, il convoglio giunse il 2 novembre nella stazione della capitale; da lì la salma fu trasferita alla Basilica di Santa Maria degli Angeli per essere esposta alla venerazione dei romani fino al 4 novembre, giorno «sacro alla vittoria» designato per la tumulazione al Vittoriano.

Come disposto dal Comitato esecutivo per le onoranze al soldato ignoto anche a Bologna autorità e popolazione si raccolsero in quel giorno in piazza Maggiore «per testimoniare in modo solenne tutta la loro venerazione per gli Eroi caduti» (1).

Davanti la Basilica di San Petronio fu eretto un catafalco con il simulacro della bara al quale fu impartita come era uso all’epoca la benedizione. Davanti al catafalco e alle vedove e madri dei caduti sfilarono poi le rappresentanze militari, i reduci di guerra, i garibaldini, i superstiti delle patrie battaglie, gli ex bersaglieri, le varie associazioni cittadine (compresi i fascisti), i bambini delle scuole e gli orfani di guerra. Tutti alle 10,30 intonarono la Canzone del Piave mentre il campanone del Podestà suonava i rintocchi e dal colle di San Michele tuonava il cannone (2-3).

Non sempre tuttavia le celebrazioni furono caratterizzate dal più puro spirito patriottico così come auspicato dalle autorità centrali e come più volte chiesto dal prefetto di Bologna Cesare Mori: i contrasti di parte intervennero a turbare l’organizzazione delle onoranze al milite ignoto e in molti comuni della provincia, dove le amministrazioni erano rette da giunte socialiste, fu tutt’altro che pacifico giungere a un accordo per la costituzione dei sottocomitati.

La Lega dei comuni socialisti aveva difatti sconsigliato di aderire alle cerimonie, invitando piuttosto i compagni a visitare i cimiteri il 2 novembre portando fiori e bandiere rosse (4). Così a Borgo Panigale, Budrio, Calderara di Reno, Castelguelfo, Medicina e Zola Predosa i sindaci si rifiutarono di formare i sottocomitati per le onoranze, i quali furono guidati da notabili locali provenienti dalle file degli ex combattenti e dei fascisti.

1. Circolare del Comando del presidio militare di Bologna per le onoranze alla salma del soldato ignoto, 28 ottobre 1921, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
2. Disposizione dei gruppi e delle rappresentanze alla cerimonia per le onoranze al milite ignoto, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto
3. Funzione in onore del milite ignoto in piazza Maggiore a Bologna, in MUSEO CENTRALE DEL RISORGIMENTO ITALIANO, Onoranze al milite ignoto. Celebrazioni e funzioni
4. Ritaglio da «La Squilla», 22 ottobre 1921, in ASBO, Prefettura di Bologna, Gabinetto