Introduzione

Bologna fu meta della prima comunità di frati, ospiti con lo stesso Domenico della chiesa di S. Maria della Mascarella; fu poi sede dei primi due capitoli generali, autentiche assemblee costituenti dell’Ordine, ma, soprattutto, dalla morte del fondatore è custode del corpo del santo, solennemente accolto nell’arca e nella basilica che fanno della città il centro riconosciuto dell’Ordine dei predicatori. Queste circostanze hanno lasciato tracce numerose e significative anche nel patrimonio documentario dell’Archivio di Stato. Ne proponiamo qui una scelta inevitabilmente limitata ma speriamo rappresentativa di alcuni nuclei tematici rilevanti.

Le origini del culto civico di san Domenico sono testimoniate dai primi statuti comunali, promulgati nel 1250, che precedono di un anno la consacrazione della grande basilica. Già negli statuti del 1335, Domenico viene accolto, accanto a Petronio, come principale patrono della città. La rubrica dedicata alle celebrazioni da tributare ai due santi registra anzi un netto primato di Domenico, per il quale la normativa prevede apparati pubblici di straordinaria solennità, culminanti nell’omaggio che tutti gli uomini delle società artigiane, all’epoca dunque più di 10.000 cittadini bolognesi, dovranno prestare personalmente alla tomba del santo. Questa centralità del culto di Domenico nella vita politica cittadina subirà un sensibile ridimensionamento, in coincidenza con l’affermarsi solenne e definitivo di Petronio come patrono principale della città, ed anzi vero protagonista della mitologia comunale bolognese: fenomeno che si manifesta con grande evidenza negli statuti del 1378, successivi alla cacciata dei legati pontifici e alla restaurazione del sistema repubblicano di governo, il cosiddetto “comune di popolo e delle arti”.

La vicenda dei culti civici bolognesi, in cui Domenico si affianca agli altri patroni, Pietro, Paolo, Petronio, Ambrogio, Francesco, Floriano, trova splendida espressione visiva nelle miniature che illustrano i registri di statuti e matricole bolognesi del Trecento, opera in alcuni casi di grandi personalità artistiche (il Maestro del 1346, Nicolò di Giacomo), in altri di maestri di buona scuola, pronti a dar corso con efficacia alle esigenze di autorappresentazione delle società artigiane.
Anche quando non compare negli apparati decorativi, Domenico è invariabilmente presente, talora in posizione di particolare rilievo, nelle invocazioni verbali dei registri, che, appellandosi alla corte celeste, chiedono per la città e per le società del popolo la protezione particolare dei santi patroni.

Tutt’altro che indipendenti da quelle del culto patronale di Domenico sono le vicende dei rapporti fra le istituzioni e la società comunale bolognese e i frati del convento bolognese dei predicatori. Un punto molto delicato e sensibile di questi rapporti, ragione di tensione e di contrasti anche molto accesi, fu la presenza in città del Tribunale dell’Inquisizione, la cui direzione fu fin dall’origine affidata proprio ai predicatori. Nel maggio del 1299 questo contrasto esplose in un’aperta rivolta contro l’inquisitore domenicano e i suoi collaboratori, accusati di eccessiva e ingiustificata durezza nell’esercizio della loro funzione giudiziaria, ma anche di corruzione e di altre numerose devianze etiche. Il verbale del processo che giudicava quei tumultuanti è conservato da un manoscritto della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, qui esposto in copia, ma molti testamenti di usurai, provenienti dall’Archivio Conventuale di San Domenico ed ora conservati dall’Archivio di Stato, confermano le accuse rivolte in quell’occasione contro i frati: ne proponiamo in mostra due esempi significativi.

Infine abbiamo voluto arricchire la mostra con una testimonianza del ruolo, discreto ma fondamentale, che il monachesimo femminile domenicano ebbe nella società bolognese di antico regime. Si tratta di una deliziosa, breve cronaca, dedicata da una suora del convento domenicano di S. Maria Nuova al racconto del terremoto che colpì Bologna nel biennio 1779-1780, fonte rara e preziosa, per l’estrema accuratezza con cui l’anonima cronista ci restituisce le drammatiche vicende che sconvolsero la città in quell’occasione.