4. Gli anziani consoli: dal potere alla rappresentazione

L’autonomia concessa dal papa al Senato bolognese «era il prezzo che il potere centrale era disposto a pagare in cambio della stabilità garantita da una classe dirigente che si dimostrava capace di mantenere saldamente il controllo della città». La tendenza all’oligarchia si era già manifestata chiaramente durante la signoria Bentivoglio e si rafforzò sotto il dominio pontificio, conservando sostanzialmente intatta la struttura della società per tre secoli, fino all’invasione francese del 1796.

L’assenza di una politica dinastica sia nel papato, per sua stessa natura, sia nell’aristocrazia cittadina, priva di un governante unico e di una corte, produsse l’integrità del centro storico dal medioevo all’età moderna, per mancanza di interventi urbanistici, e di converso, il lusso interno dei palazzi senatori.
Un’apparenza di corte, quasi una illusione o citazione di essa, si aveva tuttavia nel palazzo dove si riuniva il Senato, cioè, non a caso, l’antico palazzo del Comune. Qui era la residenza ufficiale del cardinale legato e del Gonfaloniere, il capo del Senato, in carica per due mesi; il Gonfaloniere era anche capo degli Anziani Consoli (n.23), la magistratura di origine comunale più svuotata di potere, ma più carica di prestigio. Qui gli Anziani avevano la sede, un appartamento, mantenuto e abbellito dalle pubbliche entrate con tutti i suoi mobili, dipinti, suppellettili e argenterie, ed erano inoltre serviti da una nutrita “famiglia” detta palatina, di donzelli, mazzieri, musici e trombetti, medico, speditore, credenziere, massarino, massavino e bottigliere, cuoco, sottocuoco, sguatteri, coadiutori vari, scalco e cappellano. La famiglia palatina è la “corte” degli Anziani ed elemento importante del “decoro” del magistrato.

Gli Anziani, eletti ogni bimestre fra i membri dell’oligarchia e immuni da cause durante il periodo della carica, conservano alcune attività simboliche di carattere amministrativo-giudiziario, come i Tribuni della Plebe, ma forse in modo ancor meno incisivo di loro. Essi gestivano, almeno formalmente, l’Ufficio dei Notai alle Riformagioni, un organo giudiziario anch’esso di origine medievale, ma che in età moderna si trasformò in un tribunale “di supporto” al Gonfaloniere di Giustizia e finì per occuparsi delle più varie materie come la tutela dell’eredità dei minori, i conflitti riguardanti le corporazioni, ma anche l’organizzazione e il controllo delle corse dei cavalli.

Ma soprattutto, agli Anziani è demandata la funzione di autorappresentare il potere cittadino, sia in occasione delle cerimonie pubbliche, sia tramite la produzione di miniature, cioè di immagini propagandistiche: quelle pergamene miniate, raccolte in volumi, hanno dato origine alla straordinaria serie documentaria costituita dalle celebri Insignia degli Anziani. Le Insignia richiamano ancora il Medioevo esponendo gli stemmi dei senatori in carica, e illustrano con cadenza bimestrale, dal 1580 al 1796, la vita dei magistrati e della città, attraverso immagini allegoriche e raffigurazioni di eventi particolari: feste (n. 21), processioni, tornei, visite di papi o principi, ingressi nelle cariche, arrivi o partenze di legati, e persino avvenimenti europei. L’accento posto sugli eventi rituali nell’immaginario sei-settecentesco, che ci ricorda l’importanza della ritualità per i costumi dell’epoca, si arricchisce sempre di elementi bolognesi tradizionali, come la rappresentazione di Felsina e quella del leone che ostenta lo stemma blu con la scritta dorata Libertas, insegna del governo popolare nato nel 1376 (n. 22).
Le immagini si fanno rare, meno allegoriche e più realistiche (n. 24), quando la magistratura esiste ormai
solo di nome, verso la fine del Settecento: i tempi sono maturi per l’irrompere della Rivoluzione, dell’ombra del romanticismo di fine secolo e dei simboli repubblicani, testimoniati in mostra (nn. 25-26), come significativo punto finale di un percorso iconografico, dalle carte intestate del governo napoleonico di Bologna.