3. Le immagini di una magistratura “popolare”: i Tribuni della Plebe

La magistratura, chiamata dei Gonfalonieri del Popolo, aveva ricevuto, insieme a quella degli Anziani Consoli, ampi poteri dal governo “del popolo e delle arti” creato nel 1376 dalle società delle arti e delle armi. I Gonfalonieri del Popolo insieme ai massari delle arti formavano il Magistrato dei Collegi, dotato di poteri e funzioni militari, amministrative e giurisdizionali per la tutela dello “stato di libertà”, ossia dell’ordine interno e dell’autonomia del Comune. Nel corso del Quattrocento i Gonfalonieri del Popolo vennero subordinati all’oligarchia che espresse la signoria dei Bentivoglio ed assunsero, nel clima creato dagli studi umanistici, la denominazione di Tribuni della Plebe, che evocava la magistratura creata nella Repubblica Romana per bilanciare il potere del patriziato. Essi svolsero ancora, insieme agli Anziani Consoli, una funzione di primo piano nella crisi che provocò la caduta della signoria bentivolesca e la definitiva aggregazione della città allo Stato della Chiesa.

La soluzione della crisi attraverso la formazione del “governo misto” dei Legati pontifici e del Senato
espresso dal patriziato cittadino comportò una ulteriore limitazione delle funzioni esercitate dai Tribuni e più in generale dal Magistrato dei Collegi, che tuttavia non furono propriamente rappresentative. La composizione della magistratura, formata da due senatori, quattro esponenti della nobiltà minore, quattro cittadini, quattro mercanti, eletti ogni quadrimestre dai quattro quartieri della città, da un dottore legista o artista e da un notaio, allargata nel Magistrato dei Collegi ai massari delle ventisei arti, garantiva, pur sotto il controllo del Legato e del Senato, una partecipazione dei ceti professionali e mercantili al governo della città, o almeno a una sua dimensione essenziale, il controllo del mercato dei “vittuali”, i prodotti di prima necessità indispensabili alla sussistenza della popolazione. A tal fine il Magistrato dei Collegi collaborava con il Senato ed il Legato alla fissazione di prezzi di calmiere dei prodotti alimentari essenziali (pane, carni, olio) e alla emanazione dei relativi bandi, controllava con ispezioni quotidiane prezzi, quantità e qualità dei prodotti immessi sul mercato urbano e su quelli del contado, giudicava
e puniva i trasgressori nel proprio tribunale, nella sede della magistratura allocata nel primo cortile del palazzo municipale: una sede tuttora aperta e adorna dei loro simboli. Nell’esercizio delle loro funzioni i Tribuni e il Magistrato dei Collegi si proponevano di “mantenere il ben pubblico e sollevare le miserie dei poveri”. Quando una riduzione dei viveri sul mercato cittadino, provocata da difficoltà climatiche e produttive, determinava un’offerta alimentare insufficiente, i “poveri”, ossia i lavoratori salariati, i sottoccupati e disoccupati, si ribellavano e i Tribuni dovevano svolgere funzioni di mediazione e, nei casi più gravi, di repressione. I Tribuni e il Magistrato dei Collegi si trovavano insomma esposti a una duplice pressione: dall’alto, da parte dei Legati e del Senato, che cercavano di limitarne le prerogative, e dal basso, da parte degli esercenti, che ne contestavano i controlli e le decisioni giudiziarie, e dei ceti più poveri, portati alla protesta e alla sommossa.

Questa delicata posizione indusse Tribuni e Collegi a moltiplicare, tra Cinque e Settecento, la produzione di testi e di immagini volte a tramandare i principi ispiratori della loro azione, le loro prerogative giurisdizionali: raccolte di statuti, bolle, brevi e capitoli papali, provvisioni dei Legati, istruzioni e formulari, iscrizioni, sculture, miniature. Nelle stampe e nei manoscritti decorati, come nella sede che li ospitava,
spiccano rappresentazioni ricorrenti: la personificazione di Felsina (nn. 15, 16, 19); la Giustizia, che attraverso la bilancia irradia i suoi raggi sugli stemmi dei Tribuni (n. 20); il leone rampante o accovacciato,
simbolo della sovranità del popolo bolognese e della sua aspirazione a partecipare a un governo più largo e inclusivo della città (n. 17). L’immagine allegorica di Felsina appare nelle incisioni cinquecentesche, ad esempio quelle contenute nell’opera di Achille Bocchi Symbolicorum questiarum, stampato a Bologna nel 1555. Il leone è un simbolo di origine medievale: si trovava già sulle monete, come il bolognino d’oro coniato nel 1380, e, come il marzocco fiorentino, rappresentava il potere popolare. Particolare e insolita una raffigurazione dei mesi dell’anno, datata all’inizio del Seicento, ma ispirata anch’essa a una persistenza di temi medievali.