2. L’insegnamento della medicina a Bologna fra XIII e XV secolo

La parabola professionale e scientifica di Teodorico Borgognoni, che copre i decenni centrali e finali del Duecento, rappresenta una fase ancora piuttosto arcaica rispetto ai contemporanei sviluppi della scuola medica bolognese. Mentre infatti si andava progressivamente affermando, grazie al prestigio di Taddeo Alderotti e dei suoi primi discepoli, un insegnamento pubblico superiore della Medicina, strettamente collegato a quello delle Arti e della Fisica aristotelica, Borgognoni testimonia personalmente, nel suo trattato, una forma di magistero ancora riservato, privato, per certi versi esoterico, esercitato dal padre Ugo nei confronti di una cerchia ristretta di figli e discepoli, cui l’insegnamento della chirurgia era impartito con il vincolo giurato della segretezza rispetto alle tecniche terapeutiche apprese. Non è senza significato il fatto che a tale giuramento Teodorico dichiari di non essersi mai sottoposto, il che lo pone in qualche modo in relazione con gli ambienti della medicina scientifica e accademica, che vivevano allora a Bologna i loro brillanti esordi.

All’inizio del Duecento, infatti, quando giungeva in città Ugo Borgognoni, la formazione tecnica e scientifica dei medici era garantita a Bologna da un sistema diffuso di scuole private, non molto dissimile forse da quello che, circa un secolo prima, aveva dato origine allo Studio giuridico. Un sistema che rimase piuttosto confuso e incoerente, fino a quando, poco dopo la metà del Duecento, grazie all’insegnamento di Taddeo Alderotti, celebrato anche da Dante come “ippocratista” insigne, e dei suoi primi allievi, l’identità professionale e intellettuale dei medici bolognesi iniziò ad acquisire una dimensione scientifica pubblicamente riconosciuta. Negli anni a cavallo del 1260 poi, intorno alla cattedra di Taddeo, attivo nella Scuola delle Arti (trivio e quadrivio) come maestro di logica e di “fixica”, cioè, in termini aristotelici, di filosofia naturale, iniziò a strutturarsi un sistema istituzionale di studio e di insegnamento universitario della Medicina, che avrebbe garantito la formazione non solo di “medici”, cioè terapeuti accreditati, ma di “doctores Medicine”, cioè laureati in Medicina teorica e pratica, in grado di tenere a loro volta un insegnamento pubblicamente riconosciuto. L’elemento decisivo del processo, sia in termini culturali che istituzionali, fu infatti il legame che i medici bolognesi stabilirono negli anni di Taddeo Alderotti con i maestri del trivio e del quadrivio, creando la realtà nuova della Scuola di Medicina e Arti, recepita poi come modello organizzativo anche da altri centri universitari italiani.

Questo rapporto strutturale con i filosofi conferì alla Medicina scolastica bolognese un carattere specifico di eccellenza, da un lato agevolando per docenti e studenti di Medicina l’accesso alle opere della grande tradizione greca e araba, rese disponibili dal XII-XIII secolo in numerose traduzioni latine, dall’altro consentendo alle organizzazioni dei maestri (Collegio di Medicina e Arti) e degli studenti (Università degli Artisti) di ottenere riconoscimenti e privilegi sempre più vicini a quelli di cui da tempo godevano i giuristi.

Alcuni documenti esposti nella seconda sezione della mostra mettono in evidenza le tappe principali di questo processo evolutivo. Il frammento del trattato di chirurgia di Albucasis (Abu al-Qasim al-Zahrawi), tradotto in latino da Gherardo da Cremona (11141187) (9), è una testimonianza piuttosto precoce di come le traduzioni di Gherardo mettessero a disposizione di professori e studenti il grande patrimonio della cultura medica greca e araba.

Fin dagli anni Sessanta del Duecento, i medici bolognesi, studiando le opere di Ippocrate e Avicenna, ma soprattutto Galeno, potevano fregiarsi del titolo di “doctor Medicine(1), che implicava il riconoscimento pubblico e in qualche modo solennizzato di un ciclo di studi superiori felicemente concluso, che abilitava all’esercizio della professione e alla trasmissione del sapere medico. Taddeo Alderotti e i suoi allievi costituiscono le prime generazioni di medici cui furono riconosciuti dal Comune i privilegi giuridici connessi a quel titolo (3). Questo non significa che in quegli anni venisse meno a Bologna la pratica dell’insegnamento privato dell’ars cirurgie, cui si dedicava infatti, ancora nel 1294, Francesco Borgognoni, fratello di Teodorico (5).

A partire dall’inizio del Trecento, Mondino de’ Liuzzi, giustamente celebrato come il primo intellettuale del Medioevo impegnato nel mettere a confronto la tradizione della letteratura medica antica con i risultati della dissezione anatomica condotta personalmente in una scuola pubblica, è anche, insieme con lo zio Liuzzo, uno dei primi professori europei per i quali sia documentata una retribuzione da parte delle istituzioni di governo della città (6, 12). La pratica scientifica e didattica della dissezione anatomica, già codificata verso il 1316 nell’Anatomia di Mondino de’ Liuzzi (8), era piuttosto diffusa a Bologna, anche se la difficoltà di procurarsi cadaveri da sezionare portava professori e studenti a sfidare le proibizioni ecclesiastiche, affrontando talvolta anche gravi conseguenze giudiziarie, come dimostra il processo del 1319 (11). A partire dagli anni Venti del XIV secolo, i professori di Medicina sono ormai stabilmente retribuiti dal Comune (12-13), mentre i corsi assumono la struttura che manterranno ancora nel secolo successivo (16-17), articolandosi negli insegnamenti di Medicina Ordinaria, Medicina Pratica, Chirurgia, Astrologia.

Documenti

  1. Ufficio dei Memoriali, vol. 5, c.35r, notaio Mathiolus quondam Attolini de Ronchore, 1268 febbraio 24
    Palmerius domini Nicholosii de Mastino dona a magister Lapus de Florentia un indumento del valore di 25 lire in occasione della propria laurea in Medicina, alla presenza di Taddeo Alderotti e di Amantino da Firenze. È questa la prima attestazione di una laurea in medicina, a cui si estende la prassi, già ampiamente in uso presso gli studenti di diritto, di omaggiare con costosi capi di abbigliamento il proprio dominus, il maestro che presentava il candidato al collegio dei docenti, che doveva valutarne la preparazione prima del conferimento della laurea.

  2. Ufficio dei Memoriali, vol. 60, c. 15v, notaio Azzolinus Cambii de Vitris, 1285 luglio 21
    Nella promissio registrata nel Memoriale del 1285, tre uomini si impegnano a scortare a Modena Taddeo Alderotti, che vi si reca per curare il suo paziente Gerardo Rangoni: è la prima testimonianza in cui Alderotti viene citato con il titolo di artis medicine professor. Alla metà degli anni Ottanta, dunque, l’insegnamento di Medicina è ormai stabilmente inquadrato nelle strutture dello Studium, anche se a queste date non risulta del tutto autonomo, in quanto ancora non sono costituiti l’universitas degli studenti e il collegio dei dottori di Medicina. Si osservi come il personale prestigio professionale e sociale di Taddeo sia testimoniato anche dal livello dei suoi pazienti, tra i quali sono ricordati, oltre al nobilem virum Gerardo Rangoni di Modena, citato in questo documento, Corso Donati, il doge di Venezia e papa Onorio IV.

  3. Comune-Governo, 42, Statuti comunali del 1288, c. 103r
    Gli Statuti del 1288 (libro VIII, rubriche 10-11) sanciscono il primo riconoscimento ufficiale da parte del Comune di Bologna dell’insegnamento della Medicina all’interno dello Studium. Infatti, nella rubrica 10 viene concessa a Taddeo e ai suoi eredi la totale esenzione fiscale, mentre nella successiva rubrica 11 il Comune estende agli studenti forestieri di Taddeo e degli altri dottori di medicina (fixica) la tutela giuridica, tamquam cives, di cui già godevano gli studenti di diritto civile e canonico. Il prestigio accademico e politico di Taddeo contribuisce ad estendere a questa categoria di forestieri un privilegio che, in generale, mirava a garantire la stabile presenza degli studenti a Bologna.

  4. Corporazioni religiose soppresse, S. Francesco, 342/5085, n. 77, 1293 gennaio 22
    Nel suo testamento Taddeo Alderotti, artis fisice professor et doctor, costituisce come eredi la figlia Mina, il figlio Taddeo e il nipote Opizzo e, fra i vari legati, dispone in questo modo dei suoi libri: ai frati Minori di Bologna andranno i suoi libri di Avicenna e Galeno, ai frati di Santa Maria dei Servi la Metafisica e l’Etica di Aristotele e una seconda opera di Avicenna, a Nicolò da Faenza tutte le sue glosse ai propri volumi De medicinalibus e l’Almansore, cioè il Liber medicinalis ad Almansorem regem di Al-Razi, al suo socio Giovanni d’Assisi il De simplicibus di Serapione e un Avicenna di dimensioni minori.

  5. Ufficio dei Memoriali, vol. 87, c. 411r, notaio Franciscus Donadini, 1294 ottobre 24
    Nella promissio docendi artem, trascritta nel Memoriale del 1294, si attesta il persistere di un insegnamento di tipo privato nell’ambito della medicina pratica, in parallelo all’istituzionalizzazione dell’insegnamento della fisica nell’ambito dello Studium e all’inquadramento della figura dei medici nelle strutture del Comune. In questo particolare contratto Francesco, figlio del fu Ugo Borgognoni, medico, si impegna ad insegnare per due anni l’ars medicaminis cirurgie ad Arnaradus de Selento, dietro il compenso di quaranta lire.

  6. Comune-Governo, 166, Riformagioni, c. 140r, 1307 luglio 31
    Con questa Riformagione il Consiglio del Popolo di Bologna, su richiesta dei rettori dell’università degli studenti di diritto civile e canonico, nomina Liuzzo de’ Liuzzi, fra gli altri dottori, all’insegnamento della fisica, cioè della medicina generale, per l’anno successivo (1308) con la previsione di un salario, che nella Riformagione non viene determinato.

  7. Comune, Estimi, s. II, Estimi dei cittadini, b. 133, cappella di S. Vitale, n. 59, anno 1307
    Magister Liuzzo de’ Liuzzi, doctor in medicina, estimato per la cifra di 693 lire e 10 soldi nella cappella di San Vitale, in cui abita, dichiara di possedere, oltre alla sua abitazione, un’altra casa, situata nella cappella di S.Martino de’ Caccianemici, nella quale insegna (legit) insieme con il nipote Mondino.

  8. Mondino de’ Liuzzi, Anothomia, ms. del sec. XIV, Società medica chirurgica di Bologna, ripr. facs. Bologna, Monduzzi editore, 1988
    Nel proemio del suo trattato, scritto verso il 1316, Mondino rende omaggio a Galeno e alla grande tradizione medica araba, ma tutto il suo insegnamento si sviluppa poi a partire dalla dissezione anatomica, praticata, come dichiara l’autore stesso all’inizio del trattato, sui cadaveri di persone giustiziate per decapitazione o per impiccagione (situato itaque homine vel corpore mortuo per decollationem vel suspensionem supino...). Il volume esposto, pubblicato nel 1988, in occasione del IX Centenario dello Studio di Bologna, è la riproduzione fotografica di uno dei più antichi manoscritti dell’opera di Mondino, conservato presso la Società medica bolognese.

  9. Frammenti di codici, frammento della Chirurgia di Albucasis, seconda metà sec. XIII, illustrazioni fine sec. XIII-inizio sec. XIV, mm. 244x364, rr. 3
    Di grandissimo interesse questo frammento di codice di recente scoperto da Armando Antonelli, che arricchisce la tradizione già nota della Chirurgia di Abu al-Qasim al-Zahrawi (latinizzato in Abulcasis) nella traduzione in latino di Gherardo da Cremona (1114-1187). Il frammento testimonia un lacerto del proemio (la striscia di testo utilizzata come costa), il capitolo 77, che risulta completo, solo parzialmente i capitoli 78, 84 e 85. Il frammento, ora staccato e restaurato, risultava in origine utilizzato quale coperta di riuso di un registro conservato nel fondo Corporazioni religiose soppresse, archivio di S. Maria Egizìaca. Il testo, come usuale in questo tipo di trattati, è corredato dalle illustrazioni dei ferri chirurgici citati nell’opera, che costituiscono un apparato iconografico di particolare pregio e accuratezza. Le immagini esposte rappresentano i ferri da ostetricia utilizzati nel corso del parto, come anche indica la rubrica del capitolo 77 (De formis instrumentorum que necessaria sunt in extractione fetus). Le immagini sono dunque complementari al testo, sia da un punto di vista contenutistico sia per quanto concerne l’aspetto grafico: si noti in tal senso la mise en page, ove viene volutamente lasciato lo spazio bianco per le illustrazioni, che vengono di norma aggiunte dal miniatore in una fase successiva rispetto alla trascrizione del testo.

  10. 10. Frammenti di codici, frammento della Chirurgia di Rolando da Parma, detta “Rolandina”, metà/ terzo quarto del XIII sec., mm. 285x215, rr. 30 su 2 colonne
    Il reperto pergamenaceo, scoperto di recente da Giovanna Morelli, trasmette un volgarizzamento sicuramente fiorentino dell’opera di Rolando, databile sulla base di elementi paleografici e linguistici. Rolando da Parma (XII ex. – post 1279) fu allievo di Ruggero Frugardo – illustre esponente della Scuola medica salernitana del XII secolo – e rielaboratore dell’opera del maestro, la Practica Chirurgiae. Visse a Bologna nella seconda metà del XIII secolo e qui probabilmente morì. Il foglio pergamenaceo, su due colonne di scrittura con iniziali filigranate e rubriche in rosso, presenta il passo corrispondente alle pp. XXXIII-XXXV dell’edizione latina (cfr. Rolando da Parma, Chirurgia (Cod. Vat. Lat. 4473), a cura di Luigi Stroppiana e Dario Spallone, Roma 1964). Nei margini sono visibili brevi glosse d’uso in latino e una figura con un falcone. (Con la consulenza di Ilaria Zamuner).

  11. Curia del Podestà, Giudici ad maleficia, Libri inquisitionum et testium, 100, reg. 7, c. 116r, 1319 novembre 20
    Paxino, Lorenzo, Albertino da Milano e Giacomo da Piacenza, studenti forestieri, allievi di maestro Alberto (Zancari), sono accusati di aver disseppellito e sottratto dal cimitero della chiesa di San Barnaba il cadavere di un certo Pasino, giustiziato e sepolto il giorno precedente. Come emerge dal processo, il cadavere fu utilizzato per la lezione di anatomia (causa faciendi notomiam) tenuta da maestro Alberto nella sua scuola. Gli accusati compaiono davanti al giudice il 6 dicembre e negano ogni addebito; vengono quindi ricondotti in carcere. La mancanza del registro delle sentenze di quell’anno non consente di conoscere l’esito del processo. Il maestro coinvolto nella vicenda sarebbe, secondo alcuni autorevoli interpreti, l’Alberto “grandissimo medico e di chiara fama quasi a tutto il mondo” protagonista di una novella del Decameron (I, 10).

  12. Comune-Governo, 196, Riformagioni, c. 164r, 1321 ottobre 23
    Con questa Riformagione il Consiglio del Popolo di Bologna stabilisce per i maestri Mondino (de’ Liuzzi), Alberto (Zancari), Pellegrino Cristiani e Bertuccio (Nicola Bertuccio di Rolando), dottori e maestri in scientia medicine, lettori di medicina, un salario di cinquanta lire, mentre per i maestri Giuliano di Giacomo, Guido e Castellano, anch’essi lettori di medicina, un salario di venticinque lire. Nella stessa Riformagione viene stabilito in cinquanta lire il salario per Pietro Boattieri, lettore per quell’anno delle Istituzioni e della Summa notarie.

  13. Comune-Governo, 246, Riformagioni, Serie cartacea, reg. 38, c. 24r, 1348 febbraio 8
    Il Comune dispone il pagamento di 25 lire a maestro Tommaso da Pizzano; la cifra corrisponde alla metà del salario previsto per l’insegnamento di Astrologia (in scientia et arte Astrologie), tenuto nell’anno accademico in corso agli studenti di Medicina e Arti. Tommaso, padre della scrittrice e poetessa Christine de Pizan, insegnò e praticò l’Astrologia a Bologna e Venezia, prima di trasferirsi a Parigi, nel 1368, chiamato al ruolo di astrologo di corte dal re di Francia Carlo V.

  14. Comune, Uffici finanziari, Tesoreria e contrallatore, Miscellanea Bellica, 1349 settembre 1
    Il Comune paga ventincinque lire a maestro Giovanni de Scenis, dottore in scientia medicine, per l’insegnamento di Medicina pratica tenuto nell’anno accademico appena trascorso. Come si legge nella nota di pagamento, l’anno accademico della Scuola di Medicina e Arti aveva significativamente inizio il 18 ottobre, festa di san Luca, patrono degli artisti e dei medici.

  15. Comune, Riformatori dello Studio, b. 2, fasc. 14, 1340 settembre 5
    I Riformatori dello Studio eleggono all’unanimità maestro Bertuccio (Nicola Bertuccio di Rolando) all’insegnamento di Medicina pratica (ad legendum in pratica) per l’anno accademico 1340-1341 con un salario di cento lire.

  16. Comune, Riformatori dello Studio, b. 17, fasc. 1, Minute dei rotuli, Artisti, 1384/1385
    Nel Rotulo degli Artisti del 1384/1385, primo fra quelli conservati, sono elencati anche i lettori di Medicina e di Chirurgia, con i rispettivi salari. Emerge, fra gli altri maestri, Cristoforo Onesti, che riceve per la lettura ordinaria di Medicina nell’orario mattutino un salario di trecento lire; notevoli anche il salario di Pietro da Tossignano (duecento lire per la lettura straordinaria pomeridiana) e quello di Pietro di Aristotele (duecento lire per la lettura di Medicina pratica); è invece di sole cinquanta lire il salario fissato per le letture di Chirurgia tenute da Baldassarre Conforti e Tommaso Arienti.

  17. Comune, Riformatori dello Studio, b. 10, num. 3, Rotuli dei lettori, Artisti, 1440/1441
    Nel Rotulo degli Artisti per il 1440/1441, gli insegnamenti di Medicina precedono quelli di Filosofia e Letteratura.  Prima nell’elenco è la lettura di Medicina generale tenuta nei giorni festivi, incarico di prestigio attribuito al rettore degli Artisti e Medici, Andrea da Faenza, da non confondere, ovviamente, con l’architetto servita Andrea Manfredi da Faenza (1319-1396); elencata invece all’ultimo posto, fra le letture di Medicina, e preceduta da quella di Astronomia/Astrologia, è la lettura di Chirurgia, attribuita in quell’anno a Giovanni da Genova e a Giovanni Gozzadini.