1. Crisi, terremoti e inquietudini nella Bologna del primo Cinquecento

Nei primi decenni del Cinquecento, mentre in Germania fermentava una grande trasformazione religiosa, politica e sociale, anche l’Italia era animata da inquietudini e turbamenti. La corrente culturale dell’Umanesimo aveva inciso profondamente sulle coscienze non solo degli intellettuali, un nuovo individualismo si affermava in ogni campo e il nascere dell’età moderna combatteva contro le resistenze del medioevo. Lo splendore dell’arte rinascimentale si affiancava alle guerre dei singoli stati minacciati dalle invasioni straniere. La scoperta dell’America aveva ampliato la visione del mondo e la Chiesa si poneva il problema della propria estensione ad altri continenti. Il papato, inoltre, appoggiava l’impero per contrastare le aspirazioni dei nuovi stati nazionali, prima fra tutti la Francia. E la Germania, che aveva sviluppato un suo Umanesimo, aspirava a sottrarsi al dominio sia imperiale che papale, cosa che avrebbe aiutato la Riforma, a sua volta espressione, nell’esperienza e nelle parole di Lutero, di novità, individualismo ed esigenza di contatto diretto con la Scrittura e con Dio. Ma l’attesa degli sviluppi del disegno imperiale di Massimiliano d’Asburgo (l’ascesa di suo nipote Carlo al trono di Spagna) teneva sospese le corti europee, e soprattutto quella romana; perciò la vicenda di Lutero all’inizio parve un episodio minore e fu vissuta distrattamente.

In questo quadro, Bologna, con il suo Studio universitario e i suoi commerci, in una posizione geografica di confine, prima minacciata dalle ambizioni di Cesare Borgia e poi sottomessa dai pontefici, attraversa varie crisi. Carestia, fame e pestilenze segnano i primi anni del secolo, in un clima che presagisce la caduta della signoria dei Bentivoglio. Tra 1504 e 1505 un terremoto scuote la città, chiusa nelle sue mura come nell’affresco dipinto da Francesco Francia in palazzo comunale (n. 5a). Nell’autunno 1506 il papa, Giulio II, sferra l’attacco decisivo. Conquista la città, sancisce o rinnova vari istituti cittadini: le magistrature, i tribunali, le congregazioni religiose, il Monte di Pietà (nn. 2, 4). Proprio in quei giorni Erasmo da Rotterdam, il più grande umanista europeo, è a Bologna e assiste all’arrivo trionfale del pontefice. Pochi anni più tardi sarà lo stesso Lutero, ancora uno sconosciuto monaco agostiniano, a passare per la città nel corso del suo viaggio a Roma nel 1510, lasciando, secondo alcune ipotesi, nella navata di una chiesa un altro affresco (ad opera di un allievo del Francia) che forse lo ritrae (n. 3b).

Al di là di queste presenze di cui quasi non si accorge, com’è naturale che sia, Bologna segue la sua storia di città ormai sottomessa, con tentativi di governo popolare e poi rassegnazione alla volontà papale e al dominio degli aristocratici, riuniti ormai in un’oligarchia cittadina. I rivolgimenti politici e le calamità naturali creano paure collettive che gli astrologi captano, come in tutta Europa, dando loro forma di previsione (n. 5). I primi trent’anni del Cinquecento si concludono, proprio a Bologna, con l’incoronazione di Carlo V in San Petronio, da parte di Clemente VII: immagine vivente dell’alleanza fra trono e altare, fra pontificato e impero, fra potere spirituale e temporale, rappresenta il superamento dell’ideologia medievale del primato papale e l’avvio del nuovo corso dell’età moderna (nn. 14-16).