5. «Reperimento d’ignoto cadavere di donna pregnante»
Caduta la Repubblica romana, Garibaldi, il 2 luglio 1849, fuggì, incalzato dai nemici, risalendo la penisola con la rinnovata intenzione di imbarcarsi per Venezia. Portava con sé molti seguaci e la moglie Anita, incinta di sei mesi. Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, nata in Brasile nel 1821, aveva incontrato Garibaldi nel 1839 e l’aveva sposato a Montevideo, nel 1842. Madre dei suoi figli e compagna di tutte le sue battaglie, diventa una rivoluzionaria italiana ed entra nella leggenda romantica del Risorgimento, incarnando una figura di donna guerriera che combatte per i diritti dei popoli e l’uguaglianza dei cittadini. Il mito di Anita è accresciuto dalla sua morte tragica durante la fuga da Roma, narrata da Garibaldi stesso, con toni commossi e drammatici, nelle Memorie, come ricorda un articolo del 1949 (1).
I documenti governativi dell’epoca accostano al racconto leggendario gli aspetti crudamente realistici della vicenda, mostrandoci un’Anita vera, umana e fragile nel corso degli ultimi giorni, fino al ritrovamento del suo cadavere sotto un banco di sabbia, nel territorio di Ravenna. Dopo aver disperso lungo la strada una buona parte delle bande armate, Garibaldi arrivò a San Marino il 31 luglio, dove, sciolte le truppe, rimase con circa 250 fedelissimi. Si diresse verso Cesenatico e s’imbarcò, ma intercettato dall’esercito austriaco, fu costretto a sbarcare presso Magnavacca,
da dove si inoltrò verso l’interno con il luogotenente Leggiero e la moglie, ormai stremata. Un rapporto del Comando della Tenenza di Comacchio del 6 agosto (2), racconta: «… Garibaldi, travestita la moglie da uomo, postala su di un giumento, aveva presa la via che a Pomposa conduce». I fuggiaschi trovarono rifugio alle Mandriole, nella fattoria dei marchesi Guiccioli condotta da Stefano Ravaglia. Era la sera del 4 agosto, e Anita morì fra le braccia del marito, a cui i fratelli Ravaglia promisero che l’avrebbero seppellita degnamente. Ma i Ravaglia, invece, preoccupati dalle indagini della polizia, si affrettarono a liberarsi del cadavere, seppellendolo a
poca distanza dalla casa. Nel rapporto alla Direzione provinciale di polizia di Ravenna del 12 agosto 1849 (3) viene descritto il corpo di una donna incinta ritrovato nella sabbia: «Era vestita di camicia di cambric [tessuto fine di cotone o lino] bianco, di sottana simile, di bournous [mantello] egualmente di cambric, fondo paonazzo, fiorato di bianco, scalza nelle gambe e nei piedi, senza alcun ornamento alle dita, al collo, alle orecchie, tuttoché forate».
Citazioni bibliografiche e archivistiche
1. L. Gasparini, Anita morente nelle memorie di Garibaldi, in Garibaldi a Magnavacca. I
centenario dello sbarco di Giuseppe Garibaldi, Ferrara 1949.
2. Il comandante della Tenenza di Comacchio al commissario straordinario pontificio per le Quattro legazioni, 6 agosto 1849 (Archivio di Stato di Bologna, Commissariato straordinario pontificio per le Quattro legazioni, Atti riservati, 1849, b. 8, “Rinvenimento di un cadavere di femmina che si suppone essere appartenuto alla donna di Garibaldi”).
3. Il delegato provinciale di polizia al commissario straordinario pontificio per le Quattro legazioni, 12 agosto 1849 (ibidem).
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