Armando Villa (1897 - 1958) Armando Villa nacque a Nocera Inferiore (SA), il 1° gennaio 1897. Frequentò a Bologna la Regia Scuola di Applicazione per gli ingegneri, laureandosi soltanto nel 1920 poiché tra il 1916 ed il 1917, durante il primo conflitto mondiale, dovette svolgere il servizio militare come artigliere di complemento. Fu amico e compagno di scuola di Odone Belluzzi, allievo di Attilio Muggia e collaborò professionalmente con Pier Luigi Nervi e Giuseppe Vaccaro. Una volta laureato, iniziò la sua attività professionale, documentata a partire dal 1920, aprendo in via Urbana il proprio studio, che successivamente trasferirà in via Tagliapietre. I primi incarichi, concentrati per lo più nella provincia bolognese, riguardavano la progettazione di infrastrutture civili, quali ponti o case coloniche; non mancarono però, soprattutto nel corso degli anni Venti e Trenta, incarichi pubblici e governativi da parte, ad esempio, dell'Azienda Autonoma Statale della Strada, dell'Opera Nazionale Balilla e dell'Istituto Nazionale fascista della Previdenza Sociale. Nel 1930 partecipò ai lavori per la realizzazione dell'Ippodromo della città di Bologna, eseguendone i calcoli statici. Quando nel 1931 un incendio distrusse il palcoscenico del Teatro Comunale del capoluogo emiliano, fu chiamato a progettare la copertura dello stesso, ideando un sistema di capriate autoportanti in acciaio e cemento armato. La crescente notorietà di cui godeva, testimoniata anche dall'aumento considerevole della documentazione e dalla sua maggiore varietà, permise ad Armando Villa di lavorare a progetti di sempre maggior prestigio: tra il 1934 e il 1935 partecipò alla realizzazione nel parco della Montagnola del padiglione per l'esposizione della linea ferroviaria "Direttissima Bologna - Firenze", padiglione che poi, dal 1970, fu adibito a Nido e Scuola d'infanzia "Lea Giaccaglia Betti". Ancora, progettò nel 1938 il padiglione per la Fiera del Littoriale dello stesso anno. Sempre durante il ventennio fascista, ottenne incarichi all'estero nelle colonie italiane, come la progettazione dell'aeroporto dell'isola di Lero e di infrastrutture a Mogadiscio per conto di "Ala Littoria", l'allora compagnia aerea di proprietà statale. Durante il periodo bellico, soprattutto tra il 1942 e il 1943, con l'intensificarsi dei bombardamenti sul capoluogo emiliano, Armando Villa fu impegnato nella progettazione di rifugi contro le incursioni aeree alleate, a committenza sia privata che pubblica, oltre che nella realizzazione di numerosi ponti stradali e ferroviari. Nell'immediato dopoguerra, invece, l'attività fu quasi del tutto finalizzata alla ricostruzione, alla stima dei danni e alla richiesta di indennizzi. Nel 1955 venne nominato dal Tribunale di Bologna consulente tecnico di parte. All'inizio degli anni '50 gli si era intanto affiancato il figlio Alberto, nato nel 1923 dal matrimonio con Ines Bergami e anch'egli laureato in ingegneria, il quale, alla morte del padre ne proseguirà l'attività. Armando Villa morì a Bologna nel 1958. Alberto Villa (1923 - 1996) Alberto Villa nacque a Bologna il 3 gennaio 1923, figlio di Armando e di Ines Bergami. Seguendo le orme paterne, si laureò in ingegneria il 30 luglio 1948, con una tesi sul progetto di un ponte ad arco incastrato. Si iscrisse all'albo degli ingegneri il 14 maggio 1949 e affiancò subito il padre nell'attività professionale, per poi subentrargli come titolare dello studio alla sua morte. Fra gli anni '60 e 70' del Novecento si dedicò soprattutto all'edilizia civile, occupandosi fra l'altro della progettazione strutturale dell'allora palazzo della Regione Emilia-Romagna, sito a Bologna in viale Silvani. Di particolare rilievo inoltre alcune committenze che lo portarono ad occuparsi della riqualificazione di importanti palazzi storici bolognesi, come quelli appartenuti rispettivamente alle famiglie Lupari e Majani, nonché delle prestigiose collaborazioni decennali, come ad esempio quella con la nota azienda Fabbri o, sul finire degli anni Settanta, con la società sportiva di pallacanestro Virtus Bologna. A partire dagli anni '80 Alberto Villa fu affiancato nell'attività professionale dai figli Andrea, ingegnere, ed Enrico, architetto, fino a quando morì il 23 febbraio del 1996.

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È stato possibile individuare due momenti distinti nella vita dell'archivio e nel modo di conservare la documentazione da parte del soggetto produttore: -dagli esordi sino agli anni '50, i lavori venivano raccolti in singoli fascicoli, con la denominazione del progetto riportata sulla camicia, e poi inseriti in cartelle, nelle quali venivano aggiunti, in ordine più o meno cronologico, i successivi lavori; -dagli anni Cinquanta in avanti, invece, i fascicoli relativi ai singoli progetti venivano organizzati in cartelle divise per committenti. Sebbene il modo di ordinare la documentazione sia variato, la struttura è sempre rimasta rigidamente divisa in due grandi serie, ovvero quella dei "Calcoli" e quella dei "Disegni". Lo sviluppo di ogni progetto richiedeva infatti documentazione di diverso tipo: la corrispondenza con i fornitori, i calcoli di stabilità, le autorizzazioni edilizie, solo per fare alcuni esempi, andavano a costituire un unico fascicolo da inserirsi nella serie dei calcoli; tutto il materiale grafico relativo allo stesso progetto, fatte salve alcune copie che dovevano essere allegate alle documentazioni succitate, veniva invece raccolto in cartelle differenti, per costituire la serie dei disegni. Nei primi anni, come detto, la documentazione relativa ad ogni singolo progetto veniva inserita in unità di conservazione separate per i calcoli e per i disegni; al fascicolo venivano quindi assegnati due numeri: uno identificava l'unità di conservazione nella serie dei calcoli; l'altro era invece riferito all'unità di conservazione nella serie dei disegni. Ogni numero assegnato ai progetti, quindi, non faceva riferimento all'unità logica, ovvero il fascicolo relativo al progetto stesso, ma all'unità di conservazione. Il metodo risultava piuttosto ambiguo: spesso infatti progetti diversi avevano il medesimo numero all'interno della serie dei calcoli, mentre erano contraddistinti da numeri differenti in quella dei disegni; non di rado inoltre poteva verificarsi il contrario. La numerazione dei fascicoli della serie dei calcoli era inoltre accompagnata dalla indicazione di un colore. Quest'ultimo, oltre a richiamare l'aspetto esteriore delle unità di conservazione, identificava una sequenza a numerazione chiusa, che non aveva però alcuna connotazione logica, ma solo una mera valenza organizzativa dal punto di vista fisico. Come testimoniato dall'unico strumento di corredo pervenuto, un registro che fungeva sia da repertorio dei fascicoli che da rubrica, il modo di conservare i fascicoli si modificò negli anni '50, quando Alberto Villa collaborava ormai attivamente con il padre. In questo periodo, infatti, i fascicoli, sempre numerati per unità di conservazione e non per unità logica, non venivano più denominati per progetti ma per committenti, i cui nomi (peraltro indicati spesso con modalità difformi) andavano contestualmente a costituire una rubrica alfabetica, che, per ogni committente, riportava la denominazione del singolo progetto insieme al numero ad esso attribuito nella serie dei calcoli e/o nella serie dei disegni. In questo stato di fatto, nel 2003, in base alla legge 512/1982, il fondo fu ceduto allo Stato da Andrea ed Enrico Villa, figli ed eredi di Alberto, e pervenne all'Archivio di Stato di Bologna.

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Il fondo è costituito dalla documentazione prodotta dall'ingegner Armando Villa e, successivamente, dal figlio Alberto, anch'egli ingegnere, nello svolgimento della loro attività professionale. In particolare, vi sono contenuti calcoli e disegni relativi a progetti, oltre a materiale di studio su varie tecniche ingegneristiche. Accanto alla documentazione strettamente legata all'attività professionale, si sono individuati pochi fascicoli di natura personale, oltre a poca corrispondenza privata.

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Si è rispettata l'originaria organizzazione della documentazione, tuttora quindi divisa nei due nuclei dei calcoli e dei disegni, ma si è preferito riordinare e descrivere il materiale sulla base delle unità archivistiche logiche di base, vale a dire i progetti, che nel nuovo ordinamento sono perciò divenuti l'elemento portante della struttura del fondo, non più articolata secondo i contenitori delle due diverse tipologie documentarie (calcoli e disegni) prodotte per i vari progetti. Ad ogni progetto si è dunque attribuito un numero d'ordine, superando così l'ambiguità dovuta alla duplice numerazione che caratterizzava il metodo impiegato in origine. Si è in questo modo ottenuta una sequenza univoca, in cui ogni progetto è contraddistinto da un unico numero, con rinvii reciproci tra i fascicoli dei calcoli e le cartelle dei disegni. Nella denominazione delle singole unità archivistiche si sono riportate le informazioni essenziali, indispensabili per l'identificazione di ogni progetto: nome, localizzazione, committente. Si è perciò mantenuta quella originale solo se completa di tali dati. Si sono infine cartulati tutti i disegni, i materiali grafici e le foto, oltre a segnalare la presenza di documentazione, che, per le sue caratteristiche intrinseche o estrinseche, sia sembrata rivestire un qualche particolare interesse.

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