1. Giunta provvisoria di governo (12 giugno - 11 luglio 1859, archivio in ASTO); la giunta fu nominata dalla magistratura comunale l'indomani della partenza del legato pontificio da Bologna. Era composta da G. N. Pepoli, G. Malvezzi, L. Tanari, A. Montanari, C. Casarini. Nessun atto ufficiale emanato dalla Giunta ci aiuta però a determinare la consistenza ed i limiti del suo potere, né a precisare l'organizzazione e il funzionamento dei suoi organi o a far riferimento a distribuzioni di incarichi e di competenza tra i suoi componenti. La giunta col proclama del 12 giugno indirizzato ai cittadini annuncia di avere "invocata la dittatura [...] del Magnanimo Re di Piemonte". Essa avrebbe dovuto provvedere soltanto al "mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica", senza affrontare "nessuna questione amministrativa né militare" (M. D'Azeglio al Pepoli, 15 giugno 1859). La Giunta, con decreto del 13 giugno, decise di trasferire le attribuzioni della cessata legazione ad un intendente provinciale, ed istituì una Commissione consultiva di finanza con l'incarico di raccogliere elementi illuminanti sullo stato delle finanze pubbliche, e una Commissione d'arruolamento dei volontari per la guerra d'indipendenza; con decreto del 22 giugno formò una Commissione incaricata di ricevere le spontanee sottoscrizioni ed offerte per la guerra d'indipendenza. La giunta di Bologna (che assunse poi la denominazione di "Giunta centrale di governo") stipulò, tra il 19 ed il 24 giugno, accordi con le giunte di Forlì, Ferrara e Ravenna (identificate come "provinciali"), le quali, fino all'arrivo di un commissario del re di Sardegna, avrebbero intrattenuto con il governo bolognese le stesse relazioni che le cessate legazioni e delegazioni tenevano con il governo di Roma. Il 21 giugno la Giunta di Bologna, insieme con quelle delle ex legazioni, offrì ufficialmente a Vittorio Emanuele la dittatura civile e militare sulle Romagne.
2. Commissariato D'Azeglio (11 luglio - 1° agosto 1859); l'invio di un commissario straordinario da parte del governo sardo che vigilasse sulla situazione delle Romagne rappresentò un compromesso tra la dittatura diretta, "diplomaticamente complicata", ed il totale disinteresse. Massimo D'Azeglio giunse a Bologna l'11 luglio in qualità di commissario straordinario militare per le Romagne; sebbene le sue istruzioni (datate 5 luglio) prevedessero una semplice funzione di controllo sull'operato della Giunta e di organizzazione delle forze militari per la guerra di indipendenza, il commissario rivestì quei "poteri latissimi" preventivati dalle precedenti istruzioni del 17 giugno, e per tale motivi la Giunta rimise nelle sue mani tutti i poteri (14 luglio). Il 15 luglio D'Azeglio dichiarò di accettare provvisoriamente il potere trasmessogli dalla giunta, nominando i "gerenti" delle varie "sezioni" di governo: Pepoli alle finanze, Montanari all'interno e pubblica sicurezza, Borsari alla giustizia, Gamba ai lavori pubblici, Albicini alla pubblica istruzione, Falicon, ufficiale piemontese, alla guerra. In seguito all'armistizio di Villafranca dell'11 luglio al D'Azeglio venne ordinato di lasciare Bologna essendo venuta ufficialmente meno la necessità di organizzare le forze per la guerra; delegò pertanto i propri poteri al Falicon in qualità di procommissario sino alla fine di luglio e lo dotò di un contingente di tre mila uomini. La struttura organizzativa imposta al governo rimase però immutata anche dopo la partenza del D'Azeglio, alle cui dipendenze Bologna rimase comunque nominalmente sottoposta. Il 1° agosto anche il Falicon rimetteva ai gerenti delle sezioni di governo il potere del quale era stato investito.
3. Governatorato Cipriani (2 agosto - 8 novembre 1859); accettati i poteri rimessi dal Falicon, il consiglio dei gerenti attribuì il potere esecutivo a Leonetto Cipriani, che in un proclama del 6 agosto dichiarò di voler convocare un'assemblea nazionale che ratificasse la sua nomina e che, nel frattempo, tutti gli organi di governo già operanti avrebbero proseguito a funzionare; i gerenti furono Pepoli alle finanze, Montanari all'interno, Martinelli alla giustizia, Pinelli alla guerra, Gamba ai lavori pubblici, Albicini all'istruzione, mentre Borgatti fu nominato segretario generale del consiglio di governo. In particolare il gerente delle finanze Pepoli presiedette anche una Commissione per riformare le tariffe del dazio di consumo ed una Commissione per la revisione dei titoli del debito pubblico. Durante il governatorato di Cipriani si portò a compimento il progetto di alleanza militare degli stati dell'Italia centrale prospettato già dal D'Azeglio, ed il 10 agosto il governo delle Romagne aderì alla lega militare tra la Toscana e Modena. Inoltre furono convocate le elezioni per l'Assemblea nazionale delle Romagne, che si svolsero il 28 agosto in 123 collegi. La prima riunione dell'Assemblea fu fissata per il 1° settembre a Bologna. I lavori proseguirono fino al 10 settembre: in questo periodo l'Assemblea svolse le funzioni di vera e propria costituente delle Romagne: essa infatti dichiarò la decadenza del potere temporale pontificio, l'annessione alla monarchia sarda, la ratifica dei poteri conferiti al Cipriani nella qualità di governatore generale delle Romagne. Quest'ultimo confermò i gerenti le sezioni in carica dando loro il titolo di ministri responsabili ed incaricando ufficialmente degli affari esteri il ministro delle finanze Pepoli. Il 24 settembre l'Assemblea inviò a Vittorio Emanuele una delegazione per offrire l'annessione alla monarchia sarda. Il re, pur non accettando esplicitamente la proposta (stante anche le obiezioni della Francia napoleonica, che proponeva piuttosto un vicariato di Vittorio Emanuele), accolse i "voti" delle Romagne allo scopo di difenderli in un eventuale congresso europeo. Intanto a Bologna andava velocemente maturando un orientamento sempre più marcatamente annessionistico filopiemontese, sostanziato nelle dichiarazioni d'intenti di due importanti pubblicazioni del Cipriani e del Pepoli (
Memoire adresse par le gouvernement des romagnes aux puissances et aux gouvernemens de l'Europe) e del Pepoli solo (
Note circulaire adressée par le gouvernement des Romagnes a sés agents à l'étranger). Il 28 settembre si fissarono gli accordi sull'eliminazione delle barriere doganali tra le varie province dell'Italia centrale. Il 7 novembre infine l'Assemblea nazionale approvò all'unanimità l'attribuzione della reggenza delle Romagne al principe di Carignano (che accettò, per poi contestualmente declinare, il 14 successivo), ricevendo le dimissioni del Cipriani.
4. Governatorato Farini (8 novembre - 8 dicembre 1859); non appena l'Assemblea nazionale offerse a Luigi Carlo Farini, già governatore di Parma e Modena, i pieni poteri, i ministri presentarono le loro dimissioni. Nell'incarico furono confermati Pepoli alle finanze, Montanari all'interno, Albicini all'istruzione e Gamba ai lavori pubblici, mentre Martinelli alla giustizia fu sostituito da Regnoli. Furono soppressi poi i ministeri degli esteri e della guerra. L'8 dicembre però i governi separati, e le rispettive amministrazioni centrali, delle Romagne, di Parma e di Modena, cessarono di esistere, perchè si costituì un solo governo con sede a Modena e con il nome di Governo delle regie provincie dell'Emilia. Quale governatore generale delle provincie collegate dell'Italia centrale fu nominato il 3 dicembre Carlo Bon Compagni.
5. Governo delle regie provincie dell'Emilia (8 dicembre 1859 - 18 marzo 1860); l'istituzione a Modena del governo unito si configurò come la sanzione, di carattere prevalentemente istituzionale ed amministrativo, di un evento i cui presupposti politici erano in atto ormai da tempo. La denominazione del nuovo organismo fu fissata con decreto del 24 dicembre, mentre al 27 dicembre risale la disposizione che fissa le nuove e tuttora vigenti circoscrizioni provinciali ed al 1° gennaio 1860 la costituzione di veri e propri dicasteri unificati tra gli ex governi provvisori di Parma, Modena e Romagne. Oltre il Pepoli alle finanze, ritroviamo il Mayr all'interno, il Chiesi alla giustizia, il Montanari all'istruzione, il Torriggiani ai lavori pubblici. Il 1° marzo il governatore Farini firmò il decreto col quale si convocavano per i giorni 11 e 12 marzo i comizi popolari per il plebiscito che avrebbe posto i cittadini di fronte alla scelta tra l'annessione al regno di Sardegna ed un governo separato. I risultati furono pubblicati il 15 marzo ed il giorno seguente Farini, recandosi a Torino per offrire al re l'esito della consultazione, lasciò formalmente il potere. Le disposizioni del governo sardo non si fecero attendere e con r.d. 4004 del 18 marzo 1860 si stabilì l'annessione delle provincie dell'Emilia quale parte integrante dello Stato; lo stesso giorno con r.d. 4005 furono convocati i collegi elettorali per l'elezione dei deputati al Parlamento di Torino anche presso le nuove provincie unite (VII legislatura). Dal punto di vista strettamente amministrativo i dicasteri del governo emiliano furono soppressi solo il 27 marzo successivo; gli impiegati ed i funzionari non furono però completamente smobilitati: gli uffici proseguirono infatti a funzionare sotto la direzione dei segretari generali fino all'espletamento di tutte le pratiche pendenti. Solo a metà dell'aprile 1860 ebbe inizio il materiale trasferimento degli impiegati e degli archivi dei ministeri soppressi da Modena a Torino.