Sotto il nome di Foro arcivescovile si intese, fino a tutto il sec. XVIII, la Cancelleria episcopale alla quale erano addetti alcuni notai, sempre laici, che redigevano gli atti attribuendo a questi, perciò, la fides publica propria del ministero notarile. La parola Foro non deve quindi indurre a credere che questi atti siano esclusivamente di natura contenziosa. Infatti i notai del Foro, dapprima come cancellieri vescovili, poi, dopo le costituzioni del Card. Ludovisi del 1629, come sostituti del Cancelliere Arcivescovile (la cui figura venne allora creata) redigevano sia gli atti giudiziari civili e criminali propri dell'esercizio della giurisdizione vescovile (i veri e propri atti del Foro), sia quelli di natura non contenziosa, amministrativa e di volontaria giurisdizione propri della Curia. Il Foro era diviso in vari sgabelli o uffici a ciascuno dei quali era preposto un notaio; furono perlopiù sei, salvo un breve periodo alla fine del Seicento in cui fu istituito un settimo sgabello. Le attribuzioni andavano a turno (dall'Inventario a cura di M. Fanti, https://www.archivio-arcivescovile-bo.it/site/wp-content/uploads/Foro-Arcivescovile.pdf).

Chiudi ↑