"La documentazione contenuta nel fondo dell'Ufficio del Registro Successioni è divisa in due serie principali
di materiale analogo (dichiarazioni patrimoniali successorie eseguite da parenti di proprietari defunti) ma
prodotte in realtà da due uffici storicamnete successivi e succedutisi l'uno all'altro con competenze simili:
l'Amministrazione della registrazione e archiviazione dello stato pontificio (dipendente dalla Direzione
generale del Bollo e registro di Bologna) e l'Ufficio del Registro Successioni e Atti giudiziari, dipendente
dall'Intendenza di Finanza dell'amministrazione statale postunitaria. La documentazione risulta pertanto
pressoché continua dal 1816 al 1950, ma la cesura negli anni 1860-1862 (quando comincia la seconda
serie, prodotta dall'ufficio postunitario) è significativa non solo dal punto di vista istituzionale. Le due serie
sono infatti, in parte, disomogenee dal punto di vista delle informazioni che contengono.
La procedura per il pagamento della tassa di successione è regolata fino al 1860 dalle leggi pontificie: il
motu proprio di Pio VII del 16 luglio 1816, che riorganizzava lo stato dopo la restaurazione, e successivo
regolamento, e il motu proprio di Leone XII del 22 novembre 1826 e relativi regolamenti. Tali norme
stabilivano una tassa proporzionale su tutte le successioni sia intestate che testamentarie, esentandone
però gli eredi diretti in linea ascendente o discendente. Dal 1862 in poi la tassa è regolata invece dalla
legge fondamentale sul registro nel regno d'Italia, del 21 aprile 1862 (poi modificata con leggi di riforma del
1886, 1874, 1897 e 1902) che variava profondamente la normativa per quanto riguarda sia i criteri impositivi
che le tecniche di valutazione dei beni mobili e immobili. Ma soprattutto, dall'unità d'Italia in poi, tutte le
successioni sono tassate, anche quelle destinate agli eredi diretti" (da F. Boris, Inventario, Premessa).

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