"Alla Corte d'appello era attribuito anche un ruolo non secondario relativamente all'esercizio della professione notarile. Presso la Corte d'appello si svolgeva infatti l'esame di idoneità, che gli aspiranti notai erano tenuti a superare, dopo una pratica di almeno due anni presso uno studio notari
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"Alla Corte d'appello era attribuito anche un ruolo non secondario relativamente all'esercizio della professione notarile. Presso la Corte d'appello si svolgeva infatti l'esame di idoneità, che gli aspiranti notai erano tenuti a superare, dopo una pratica di almeno due anni presso uno studio notarile, per l'accesso alla professione. L'idoneità così conseguita consentiva di partecipare ai concorsi, banditi per la copertura degli uffici notarili vacanti. Le domande di partecipazione al concorso venivano esaminate dal consiglio del distretto notarile per cui il concorso stesso era stato indetto e, sulla base di tale esame, il consiglio proponeva il candidato da nominare. La proposta, completa delle domande e della documentazione dei concorrenti, veniva trasmessa alla Corte d'appello, che elaborava un proprio motivato parere. Quindi tutta la pratica (domande dei concorrenti, proposta del consiglio notarile, parere della Corte d'appello) veniva trasmessa al Ministero di grazia e giustizia, perché la nomina del vincitore del concorso potesse essere formalizzata con decreto reale. Questa procedura fu stabilita dalle norme che tra il 1875 e il 1879 attuarono una riorganizzazione completa del notariato. A seguito di tale riordinamento, si impose ai notai già in attività (che esercitavano sulla base della vecchia legislazione) l'obbligo di ottenere la conferma della legittimità del proprio esercizio professionale. La conferma veniva pronunciata, su domanda, con decreto reale, al termine di un procedimento analogo, anche se semplificato, a quello previsto per le nuove nomine" (dall'Inventario).