La presenza nelle istituzioni cittadine della famiglia Bianchetti è attestata dalla seconda metà del sec. XIV e
numerosi Bianchetti frequentarono lo Studio in qualità di allievi e di lettori. Divenne famiglia senatoria nel
1466 con Carlo d'Alemanno che fu marito di Teresa Albergati e infine di Perpetua Magnani, e partecipò con
la famiglia Marescotti alla liberazione di Annibale Marescotti dalla rocca di Varano. La famiglia ricevette il
titolo di conte, titolo che rimase fino all' ultimo discendente del ramo bolognese. Ad Avignone si era formato
un ramo della famiglia dopo l'espatrio in Francia nel XIV secolo di Giacomo di Nicola, e lì vi rimase fino a
quando Pietro Bianchetti non tornò a Bologna, diventando senatore del nuovo senato della Repubblica
Cispadana del 1796. L' anno successivo il Bianchetti entrò a far parte del direttorio che portò a compimento
l'annessione della Romagna alla Repubblica. Pietro Bianchetti era marito di Amelia Monti, cui spettò
l'eredità della famiglia... A loro volta i Monti avevano ricevuto l' eredità dei Bendini (o Bindini) alla fine del XVII
secolo (la famiglia Bendini era originaria di Firenze e divenne senatoria nel 1580) attraverso il capostipite
della famiglia, Ippolito Monti Bendini, maestro di casa del senatore Cornelio Malvasia. I Monti con il
commercio di tabacco si arricchirono rapidamente e ottenne il titolo di marchese con Ferdinando, figlio di
Ippolito. Uno dei figli di Ferdinando, Filippo Maria, fu cardinale e un altro Francesco nel 1719 ottenne la
dignità senatoria, attraverso la mediazione del cardinale de la Tremoville, ministro di Francia a Roma. Nel
1804 alla morte del marchese Francesco Monti Bendini, l' eredità passò alla sorella contessa Aurelia, che
era sposata con il conte Pietro Bianchetti, appartenente al ramo avignonese della famiglia.
(dall'introduzione all'inventario, a cura di V. Dehò)

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"L'archivio ha una struttura prevalentemente settecentesca, infatti il nucleo originario dovrebbe essersi formato intorno alla metà del Settecento, sotto la spinta di vari passaggi ereditari che avevano creato una serie di difficoltà legali sulla esatta distribuzione delle spettanze. Ma alcune parti dell'archivio sono più antiche, fine del sec. XVII, lasciando intendere che i lavori di riordinamento e di ricerca della documentazione siano durati alcune decine d'anni. Del resto nel settecento quasi tutte le famiglie nobili bolognesi dispongono di archivi e archivisti. Una stanza del palazzo di famiglia è spesso adibita ad archivio e si stipendia uno scrivano che conservi l'ordine delle carte, fornisca i documenti richiesti del procuratore della famiglia, tenga nota dell'accrescimanto della documentazione man mano che viene prodotta. Per il presenta lavoro di riordino si è cercato di utilizzare i repertori settecenteschi laddove è stato possibile, previo riscontro sulla documentazione e, dove si fosse riscontrata la non attendibilità dei suddetti repertori, si è provveduto a segnalarlo nell'inventario" (dall'introduzione all'inventario, a cura di V. Dehò).

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