Il 20 settembre 1860 il colonnello Luigi Masi, dopo il suo ingresso a Viterbo alla testa dei Cacciatori del Tevere, istituì una "Giunta" composta di quattro membri (Alessandro Polidori, Giuseppe Torioli, Angelo Martucci e Domenico Arcangeli) con l'incarico di reggere il comune e la provincia fino all'arrivo del commissario provinciale Lorenzo Sforza Cesarini alle dipendenze del commissario generale.
In realtà il governo provvisorio di Viterbo cessò ancor prima dell'arrivo del duca Sforza: il 23 settembre, infatti, il segretario generale del Commissariato generale Achille Serpieri assunse la protezione della provincia di Viterbo in nome del re fino all'insediamento del commissario, avvenuto il successivo 26 settembre.
L'11 ottobre 1860, dopo una brevissima aggregazione al Commissariato dell'Umbria, Viterbo venne però riacquistata dal governo pontificio ad opera delle truppe francesi, che fecero valere le condizioni alle quali Napoleone III aveva permesso l'ingresso delle truppe sarde negli stati del papa. A nulla valsero le proteste levate dal Pepoli, dal commissario e dal municipio di Viterbo: questa infatti entrerà a far parte del Regno d'Italia solo nel 1870.

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Il vicecommissario di Poggio Mirteto Agostino Soragni, con una lettera indirizzata al regio commissario generale dell'Umbria a Perugia, sfortunatamente senza luogo e data, trasmise una cospicua parte degli «atti di governo composti nella provincia di Viterbo durante il tempo breve del regio commissariato del duca Sforza», essenzialmente documentazione relativa al personale del cessato commissariato. La rimanente parte è lecito supporre sia pervenuta al Pepoli col ritiro del rappresentante regio da Viterbo, e confluita nell'archivio personale del commissario generale.

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La documentazione conservata dal Pepoli nella busta intestata al "Commissariato dell'Umbria. Viterbo" costituisce una piccola parte dell'archivio pubblico del Commissariato straordinario per la provincia di Viterbo (verosimilmente già di per sé esiguo dati i ristrettissimi termini del suo funzionamento). Il fondo risulta composto essenzialmente dalla corrispondenza inviata al commissario di Viterbo dal commissario generale Pepoli, dalle locali Commissioni municipali provvisorie (che erano chiamate in particolar modo a riferire sullo stato dell'ordine e dello spirito pubblico nel loro territorio di competenza), dai privati cittadini richiedenti impieghi o sovvenzioni, dai carcerati imploranti la revisione della loro posizione; una piccola parte della documentazione è costituita poi dalla nomina dei componenti della amministrazioni locali e dalle dichiarazioni di adesione degli impiegati pubblici al nuovo governo; infine alcune carte vertono intorno a specifici oggetti quali la Guardia nazionale o le riserve di sali e tabacchi della provincia.

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La documentazione conservata dal Pepoli nella busta intestata al "Commissariato dell'Umbria. Viterbo" si presentava in gran parte sciolta, fatta eccezione per alcuni fascicoli ("Posizione dei carcerati che domandano la grazia", "Dichiarazioni di impiegati", "Rapporti politici") che risultavano invece ben individuabili. Per il resto le carte non recano segni evidenti di trattamento cancelleresco (protocollazione e classificazione), e per tale motivo si è ritenuto utile alla ricerca predisporre ex novo alcune unità archivistiche che raccogliessero la documentazione accomunata dal medesimo oggetto (ad es. la nomina della Commissioni municipali provvisorie, la costituzione della Guardia nazionale, il censimento delle riserve di sali e tabacchi), dal medesimo corrispondente (ad es. il commissario generale) o categoria di corrispondenti (ad es. le Commissioni municipali provvisorie, i privati cittadini).

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